Un giorno nella foresta

Le riserve naturali d’Italia conservano storia e bellezza

Foresta umbra

Foresta… e gli occhi della mente si affacciano su distese di un verde cupo, quasi nordico, intatte, nelle quali si sommano universi unici e odorosi, da percorrere con il naso all’insù, completamente partecipi di un miracolo che poco ha a che fare con l’uomo, forse perché racchiude all’incirca il 90% delle specie animali e vegetali viventi terrestri.

L’Italia dal Dopoguerra a oggi ha portato – tra diminuzione della popolazione rurale, quasi totale scomparsa dell’uso del carbone di legna e una politica fondata sulla creazione di parchi e riserve naturali – il proprio patrimonio boschivo dal 20 al 30%, con un territorio protetto per il 10%. 146 le riserve naturali presenti oggi sul nostro territorio. E tra queste una delle più inattese è quella del Bosco della Fontana, a nord di Mantova, compresa nel Parco Regionale del Mincio: 200 ettari, gli ultimi della foresta planiziaria che apparteneva ai Gonzaga. Ci sono querce e carpini bianchi, ma anche cerri, frassini e ontani neri, insieme a un sottobosco di nocciolo, corniolo, biancospino e sambuco e a uno strato erbaceo composto da pungitopo, con fioriture primaverili di bucaneve, campanella, erba trinità, scilla silvestre, anemoni, viola silvestre, polmonaria e pervinca.

Una foresta di tutt’altro segno è quella conosciuta come “la foresta dei tre confini”, tra le Alpi Carniche e le Alpi Giulie e confini un tempo austro-ungarici e oggi di Austria, Slovenia e Italia: la foresta di Tarvisio, 24mila ettari di abeti rossi che da oltre cinquecento anni sono la materia principe dei grandi Maestri liutai d’Italia. Ma ci sono anche faggi e abeti bianchi, larici, pini silvestri e pini neri d’Austria.

Le Riserve Naturali Casentinesi, con la foresta di Camaldoli, hanno visto il ritorno del lupo, lungo i crinali tra la Toscana e l’Emilia Romagna.

Eremo di Camaldoli

Eremo di Camaldoli

 

Una foresta dal nome misterioso – è Umbra perché fa ombra o perché qui vivevano gli antichi Umbri? – è quella posata nel Parco Nazionale del Gargano, tra Monte Sant’Angelo, Vico del Gargano e Vieste: faggi secolari, pini d’Aleppo, cerri, lecci, i carpini bianco e nero e i tassi creano un sottobosco che consente la crescita di 56 diverse specie floreali.

Alla fine dell’Ottocento nasce invece, per proteggere il patrimonio boschivo della Sila, una delle prime leggi per la tutela dei boschi: il legname che giungeva dalla Sylva Brutia dei Latini, dal 1876 venne infatti destinato esclusivamente alle costruzioni navali, mentre i suoi pini, i faggi, gli ontani, i pioppi tremoli e gli aceri monumentali – che erano stati nei secoli la grande ricchezza di sovrani e monasteri, feudatari e abbazie – sono oggi da ammirare in una quiete completa.

La Sila

La Sila

 

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