15 Luglio 2019 3 min di lettura
Un gruppo di ricercatori svedesi ha scoperto la particolare proprietà del Quadriciclano: una molecola in grado di trattenere per 18 anni l’energia che assorbe dal sole, agendo come una batteria
15 Luglio 2019 3 min di lettura
Una molecola in grado di immagazzinare energia solare, che renderebbe possibile perciò ad esempio accumulare il calore d’estate ed utilizzarlo d’inverno. A scoprirla è stato un gruppo di ricercatori della Chalmers University of Technology di Göteborg, in Svezia, che ha aperto così la strada verso lo “stoccaggio” dell’energia solare, la quale, stando allo studio, potrebbe essere conservata anche per diversi anni e trasportata in luoghi differenti.
Il merito di questa “rivoluzione” è da attribuire ad una molecola composta da carbonio e idrogeno, il Norbornadiene (C7H8). Colpita dalla luce solare, questa sorprendente molecola si trasforma in un isomero (una versione di se stessa composta dagli stessi atomi legati tra di loro in modo diverso) – chiamato Quadriciclano, in grado di trattenere l’energia. Ed è proprio nei nuovi legami tra gli atomi che l’energia viene “imprigionata” e vi rimane anche quando la molecola si raffredda, tornando a temperatura ambiente. Per far sì che l’energia solare si sprigioni di nuovo, sotto forma di calore, ad esempio durante l’inverno (quando la luce in Svezia è scarsissima) o di notte, è sufficiente far passare la molecola attraverso un catalizzatore, cioè una sostanza che provoca una reazione chimica che fa tornare la molecola alla sua forma originale.
L’isomero – cioè la molecola una volta colpita dalla luce solare – ha una forma liquida, perciò gli scienziati l’hanno chiamato “combustibile solare termico”. Funzionando proprio come se fosse una batteria, è in grado di trattenere l’energia derivante dal calore del sole fino a 18 anni. «Quando estraiamo l’energia per usarla si ottiene un incremento di calore molto superiore di quello che ci saremmo aspettati» ha spiegato il professor Kasper Moth-Poulsen, a capo del team di ricerca. Segno che l’energia che la molecola è in grado di immagazzinare e, di conseguenza, di sprigionare al momento del bisogno è molta. Il fluido, una volta sollecitato, riesce a scaldarsi di 63 °C, cosicché ad esempio, se si trova ad una temperatura ambiente di 20 °C, dopo essere passato attraverso il catalizzatore, esce ad 83 °C. Ma l’obiettivo a cui il gruppo di ricercatori sta lavorando attualmente è ancora più ambizioso: raggiungere un incremento di temperatura di almeno 110 °C.
Il “Most” (molecular solar thermal energy storage), cioè il sistema di stoccaggio molecolare dell’energia termica solare, è stato testato dagli scienziati sul tetto del loro campus universitario a Göteborg. È costituito da un collettore solare termico, posto sul tetto di un edificio, che altro non è che uno specchio concavo con un tubo al centro, che segue il sole e fa convergere i suoi raggi nel punto in cui il fluido scorre attraverso il tubo. Il liquido così “cattura” l’energia dalla luce del sole e viene poi stoccato a temperatura ambiente. Quando c’è bisogno di energia, viene fatto passare attraverso il catalizzatore e si scalda, sprigionando il calore che può essere utilizzato ad esempio per il riscaldamento domestico. Una volta raffreddato, il fluido può essere rispedito sul tetto per “fare un altro carico” di energia. Il sistema funziona infatti in maniera circolare, perché la molecola non si deteriora nel processo. Il ciclo ha zero emissioni, perciò nessun impatto negativo sull’ambiente. Secondo le previsioni dei ricercatori, potrebbe essere messo in commercio nel giro di una decina d’anni.
Immagine di copertina: Yayita
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