Eolico offshore, parte essenziale della transizione energetica (ma preservando al biodiversità)

“Le infrastrutture rinnovabili offshore devono essere sviluppate eliminando, o riducendo al minimo, gli impatti sulla biodiversità marina”, Wwf Italia.

Entro il 2030 l’eolico sarà una delle principali fonti di energia in grado di soddisfare circa il 24% del fabbisogno energetico globale. A dirlo è il report World Energy Transition Outlook 2022 realizzato da IRENA (Agenzia internazionale per le energie rinnovabili),

In particolare, i parchi eolici offshore sono strutture costruite nei pressi delle coste, in acque profonde. Grazie alla potenza del vento producono energie rinnovabili. Uno dei vantaggi dell’offshore riguarda il vento e in alto mare è molto più intenso: raggiunge una velocità più elevata e costante rispetto a quello sulla terraferma grazie all’assenza di barriere architettoniche. Ciò comporta una fonte di energia più affidabile e non intermittente. Inoltre, un impianto in mare aperto riduce sia l’impatto visivo che quello acustico.

Al momento il più grande parco eolico offshore esistente si chiama Dogger Bank Wind Farm e si trova nel Regno Unito. Dopo diversi anni di costruzione e test è finalmente operativo quasi al 100%.

 

Wwf, sviluppo dell’eolico offshore e protezione dell’ambiente marino

L’energia rinnovabile offshore costituisce una parte essenziale della transizione energetica verso un’economia resiliente e completamente decarbonizzata, ed è indispensabile per raggiungere un’Europa climaticamente neutrale.  Allo stesso tempo è evidente come un massiccio sviluppo delle energie rinnovabili offshore si aggiunga alle già numerose altre attività antropiche in mare, che sommano le loro pressioni sugli ecosistemi marini.

“I progetti di energia rinnovabile offshore devono essere considerati nel contesto più ampio del degrado della salute dei nostri mari, dovuto all’eccessivo sfruttamento delle risorse, all’inquinamento, all’acidificazione e alla distruzione degli habitat, per citarne alcune. – spiega il Wwf Italia –  Oltre alle implicazioni per la biodiversità, l’attuale degrado dei mari è problematico anche dal punto di vista climatico, poiché gli oceani giocano un ruolo vitale nella regolazione del clima del nostro pianeta. Le infrastrutture rinnovabili offshore devono essere sviluppate eliminando, o riducendo al minimo, gli impatti sulla biodiversità marina“.

E ancora: “Come primo principio, non dovrebbero essere collocate all’interno di aree marine protette e in altre aree ecologicamente preziose per le specie e gli habitat sensibili. Inoltre, le infrastrutture vanno pianificate e progettate attraverso le migliori pratiche disponibili, valutate in modo rigoroso attraverso adeguati Studi di Impatto Ambientale (SIA), accurate Valutazioni di Impatto Ambientale (VIA) e, ove necessario, attraverso Valutazioni di Incidenza Ambientale (VINCA). Quando si sviluppano progetti di energia rinnovabile offshore, è fondamentale adottare un approccio ecosistemico all’interno del processo di pianificazione dello spazio marittimo, occorre cioè usare lo spazio marino assicurando la resilienza dei nostri mari e tenendo in considerazione che l’estensione degli ecosistemi non si ferma ai confini nazionali”.

Eolico offshore: la situazione in Italia

In Italia abbiamo già 5.000 impianti eolici e almeno 890mila impianti solari fotovoltaici. Ma un grande potenziale potenziale arriva dall’eolico offshore a largo dei nostri mari dove i venti sono più costanti e forti. “E noi, non lo abbiamo ancora sfruttato. – scrive l’associazione ambientalista italiana LegambienteAd oggi abbiamo un solo impianto attivo in mare, a Taranto, e ci sono voluti ben 14 anni per costruirlo. Con gli impianti eolici offshore ad altissima tecnologia e dall’impatto ambientale ridotto, potremmo produrre fino a 55.000 Megawattora ogni anno da qui al 2030″.

Stando all’elaborazione di Legambiente su dati IRENA e Terna, nel 2023 a guidare la top ten dei 10 Paesi che hanno fatto registrare le maggiori nuovi installazioni, rispetto al 2022, ci sono Germania (+ 3.296 MW), Paesi Bassi (+ 1.994 MW) e Svezia (+1.973 MW). L’Italia ottiene solo il decimo posto con 487 MW di nuove installazioni. Meglio di lei tra i paesi mediterranei la Spagna che con + 914 MW d nuove installazioni è ottava posizione e la Grecia (+ 518 MW) in nona posizione.

 

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