Tra il 1961 e il 2010, è aumentato del 25% il divario economico tra paesi poveri e paesi ricchi e gran parte della responsabilità è legata ai cambiamenti climatici. Questo il risultato della ricerca “Global warming has increased global economic inequality”, condotta da Noah S. Diffenbaugh and Marshall Burke della Stanford University e pubblicata ad aprile sulla rivista PNAS
Clima ed economia
La ricerca si inserisce nel filone di studi che hanno analizzato la correlazione tra clima ed economia e ha arricchito il precedente lavoro di Burke: “Global non-linear effect of temperature on economic production”.
Gli studiosi hanno combinato le traiettorie delle temperature tra il 1961 e il 2010 e alcuni modelli predittivi con una serie di dati, tutti corroborati da prove, che legano le fluttuazioni climatiche a quelle economiche. Partendo dalla misurazione dell’aumento medio della temperatura nei paesi analizzati, sono state fatte 20 mila simulazioni dei vari scenari per l’ economia mondiale in assenza di riscaldamento globale. Il risultato dello studio è dunque una media di queste stime.
I risultati
Il risultato, con una probabilità del 99%, è che il divario tra paesi poveri e ricchi, grazie al riscaldamento globale, è aumentato mediamente del 25%. Ovvero, se non ci fossero stati i cambiamenti climatici, i paesi poveri, in media, sarebbero cresciuti del 25% in più.
I ricercatori fanno notare che, anche se negli ultimi anni il divario tra paesi poveri e ricchi è diminuito, il riscaldamento globale ha rallentato e influenzato negativamente l’andamento di tale processo.
Insomma, la ricerca dimostra che i paesi più sviluppati, cresciuti grazie ad economie ad alte emissioni di co2, sono quelli meno colpiti dal riscaldamento globale per la loro posizione geografica. Al contrario, le economie a bassa emissione sono cresciute molto di meno perché hanno subito gli effetti del cambiamento climatico.
Tra i paesi più colpiti ci sono Sudan-36%; India -31%; Nigeria -29%; Indonesia -27%; Brasile -25%.
Al contrario i paesi che hanno “beneficiato” del riscaldamento globale sono: Norvegia + 34%; Canada + 32% ; Svezia + 25%; Gran Bretagna + 9,5%; Francia + 4,8%
Opportunità
Nella parte finale dello studio, i ricercatori propongono come possibile soluzione al problema puntare alla transizione energetica, mettendo al centro fonti di energie rinnovabili. Questo favorirebbe con due effetti la crescita economica dei paesi poveri: il primo sarebbe legato agli investimenti pubblici per avviare tali opere mentre il secondo deriverebbe dalla riduzione del riscaldamento globale.
Cosa Fare?
Dello stesso avviso è anche Achim Steiner, direttore del programma Onu per lo sviluppo (UNDP) che, in occasione della riunione primaverile del Fondo Monetario Internazionale, ha sottolineato come i cambiamenti climatici possono rappresentare un’opportunità per i paesi poveri. Secondo le sue stime entro il 2050, per finanziare la transizione verso un’economia low carbon e resiliente al cambiamento climatico, ci vorranno investimenti per almeno 60.000 miliardi di dollari. Inoltre, la transizione energetica potrebbe creare più di 65 milioni di posti di lavoro.
Nello stesso incontro, è stata stretta un’alleanza tra i ministri delle finanze di 23 paesi : Austria, Cile, Costa Rica, Costa d’Avorio, Danimarca, Ecuador, Finlandia, Francia, Germania, Islanda, Irlanda, Kenya, Lussemburgo, Isole Marshall, Messico, Olanda, Nigeria, Filippine, Spagna, Svezia, Uganda, Regno Unito e Uruguay.
L’obiettivo dell’alleanza tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo è quello di puntare alla crescita economica sostenibile.
Come ha spiegato il ministro cileno Felipe Larraín Bascuñán “Sia la crescita economica che la riduzione delle emissioni sono necessarie. Dobbiamo prendere impegni concreti e ambiziosi per tradurre tutto ciò in azione.”
Pasquale Pagano
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