È un record di cui avremmo fatto volentieri a meno quello che vede il nostro Belpaese in cima alla classifica europea di decessi in età precoce, causati da esposizione alle polveri sottili PM2,5. Ben 45.600 quelli registrati nel 2016, che sono stati calcolati anche dal punto di vista economico, come un danno da 20 milioni di euro (stima che tiene conto della dimensione e della struttura della popolazione dei vari Paesi, dei livelli d’inquinamento dell’aria e che assegna un “valore economico” di 50 mila euro a una vita umana).
Conto alla rovescia per la sopravvivenza
Ad assegnarci il triste primato lo studio Countdown on Health and Climate Change, (“conto alla rovescia su salute e cambiamento climatico”), pubblicato da The Lancet, autorevole collaborazione tra il giornale medico scientifico Lancet e 30 istituzioni, tra cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e la Banca mondiale.
Lo studio, che colloca l’Italia anche all’undicesimo posto dell’analoga classifica mondiale, da anni si occupa di esaminare l’impatto del cambiamento climatico sulla salute umana, rilevando la stretta connessione che esso ha con i livelli sempre più elevati dell’inquinamento atmosferico.
Solo nel 2016 l’aria inquinata avrebbe causato 7 milioni di morti a livello globale, di cui 2,9 milioni dovuti in particolare proprio al PM2,5. Se invece si prendono in considerazione anche altri fattori nocivi (come PM10, biossido di azoto e ozono), il numero dei decessi sale ancora di più. Solo qualche mese fa l’Oms aveva stimato che in Italia sono addirittura 80 mila le persone che muoiono a causa dell’aria inquinata, collocandoci intorno al nono posto nella triste classifica mondiale.
Secondo lo studio di The Lancet, comunque, è tutta l’Europa a passarsela piuttosto male in questo scenario. Il vecchio continente si colloca, infatti, in cima alla classifica mondiale di morti premature per PM2,5, appena prima dell’area Pacifico Occidentale. Seguono il sud-est asiatico, l’area del Mediterraneo orientale, l‘Africa e, per ultime, le Americhe.
Ma è, più in generale, l’aria delle metropoli a risultare irrespirabile. Delle 3.500 città extraeuropee con una popolazione di oltre 100.000 abitanti analizzate dallo studio, l’83% ha registrato livelli superiori al limite massimo di esposizione annuale raccomandato dall’OMS. Una situazione drammatica è quella di Nuova Delhi, dove le PM2.5 hanno toccato livelli venti volte superiori al limite tollerabile dalle linee guida dell’Oms, tanto che il governatore Arvind Kejriwal è arrivato a paragonare la capitale indiana a “una camera a gas”.
Cosa sono le polveri sottili e cosa le causa
Le polveri sottili, o particolato, sono particelle solide e liquide disperse nell’atmosfera, generate dalla combustione fossile, dalla produzione industriale, dai trasporti e dagli impianti di riscaldamento e considerate tra i principali inquinanti delle aree urbane.
I PM10 e soprattutto PM2,5 sono definiti particolato fine e ultrafine e possono penetrare nei polmoni e nel flusso sanguigno e causare gravi malattie cardiovascolari e respiratorie, a danno soprattutto dei più vulnerabili e dei più piccoli.
Tra i principali disturbi attribuiti a questi inquinanti vi sono aggravamento dei sintomi cardiaci nei soggetti predisposti e patologie acute e croniche come asma, bronchiti, enfisema, allergia e tumori.
L’umanità a un bivio
A fronte di questi dati, così allarmanti, lo studio prospetta due scenari, ponendo l’umanità a un vero e proprio bivio. Per spiegarlo in modo efficace, The Lancet ha realizzato anche un video in cui si prospettano due possibili scenari futuri, per un bambino che si trova a nascere oggi.
Proseguendo nella direzione attuale, senza intervenire in modo deciso per arrestare il cambiamento climatico, si andrà incontro a un costante peggioramento dell’inquinamento atmosferico e, conseguentemente, dello stato di salute delle future generazioni, con decine di milioni di morti in più nel prossimo decennio.
Scegliendo la strada della decarbonizzazione e della lotta al riscaldamento globale, impegnandosi dunque a contenere l’innalzamento delle temperarure ben al di sotto dei 2°C e possibilmente sotto l’1,5°C (come stabilito dall’accordo di Parigi) l’umanità potrà, invece,vedere progressivi e sensibili miglioramenti anche nella qualità dell’aria.
Incoraggianti le previsioni di alcuni scienziati, come William Collins, professore di chimica dell’atmosfera e modellistica dei sistemi terrestri all’Università di Reading, secondo cui le politiche di mitigazione del clima avrebbero “effetti sulla salute quasi immediati”. Fondamentale, in questo senso, l’impegno sinergico della collettività, dei governi e dell’industria.
Alice Zampa