Professor Buonanno, Lei si occupa di polveri sottili da anni. Ci può spiegare di che cosa si tratta esattamente?
Le polveri sottili, meglio definite tecnicamente come PM10, rappresentano la concentrazione in massa di polveri con diametro aerodinamico inferiore ai 10 μm (micrometri). Ai fini della valutazione dell’impatto sulla salute, esse rappresentano le polveri più grandi in grado di entrare nell’apparato respiratorio.
Come si possono misurare le polveri sottili?
La tecnica di riferimento per la misura della concentrazione di PM10 è quella gravimetrica. In sintesi, l’aria viene aspirata da un campionatore ed, attraversando una “testa di selezione” in grado di separare dal flusso particelle con diametro maggiore dei 10 μm, attraversa un filtro. Dalla quantità di aria aspirata e dalla massa di polveri depositata sul filtro (ottenuta con una pesata) si ricava il valore di concentrazione.
Quali sono i criteri adottati dalla legge per valutare il loro impatto sulla popolazione?
Sul PM10 esistono limiti imposti dalla normativa vigente in linea con le normative internazionali. In particolare, è definito un limite giornaliero di 50 μg m-3 da non superarsi più di 35 volte l’anno ed un valore medio annuale di 40 μg m-3. Negli ultimi anni è stato introdotto anche un limite sul PM2.5, le cosiddette polveri fini.
Che cosa sono le polveri ultrafini? A che punto sono le ricerche? Si possono stabilire le conseguenze e ed esistono norme in materia?
Le polveri ultrafini sono definite come polveri con un diametro inferiore a 0.1 μm, ovvero 100 nm (nanometri). Poiché sono estremamente piccole, le polveri ultrafini non contribuiscono alla misura della concentrazione in massa e, di conseguenza, sono caratterizzate con una metrica differente: la misura della concentrazione in numero. Nel corso degli anni il laboratorio che dirigo presso l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale si è dotato di strumentazioni all’avanguardia in grado di misurare questo tipo di polveri in emissione da impianti, in aree urbane, in ambienti indoor o a livello personale. A Cassino, in più di 10 anni di ricerche, abbiamo stimato le correlazioni tra dose di polveri ultrafini ricevuta da soggetti ed effetti sulla salute, compreso il rischio tumore al polmone. Non esistono limiti di legge in area urbane dal momento che non sono prese in considerazione dalla normativa vigente. Il solo settore automobilistico ha recentemente introdotto un limite di emissione delle polveri ultrafini per veicoli EURO 6 pari a 6 1011 part min-1.
Tra le diverse fonti di inquinamento, all’esterno delle case e all’interno, quali sono le loro principali origini?
In termini di dose giornaliera, il contributo dominante (oltre il 90%) viene dagli ambienti indoor. Qualsiasi sorgente di combustione in questi ambienti (attività di cucina, sistemi di combustione a biomasse come camini e termocamini, candele, incensi, …) produce una quantità enorme di inquinante che permane per lunghi periodi nei microambienti dove noi soggiorniamo maggiormente, provocando, così, esposizioni e dosi molto elevate.
Che impatto avrebbe, secondo lei, una scelta energetica come quella di Francia e India che puntano a sopprimere ogni trasporto da fonti fossili da qui al 2030/2040?
Dal punto di vista ambientale ci sarebbe un miglioramento della qualità dell’aria outdoor dal momento che il traffico veicolare rappresenta il maggior contributo all’emissione di polveri ultrafini.
Quali altre soluzioni potrebbero essere attuate visto che l’Italia è uno dei paesi maggiormente impattato in Europa?
Ritengo sia prioritario intervenire negli ambienti indoor 1) evitando la presenza di sorgenti di combustione 2) adottando sistemi di aspirazione locale su sorgenti emissive 3) introducendo in maniera diffusa sistemi di ventilazione meccanica controllata nelle civili abitazioni per aumentare i ricambi di aria interni o in alternativa dei sistemi di “pulizia” dell’aria interni noti come purificatori dell’aria che si stanno affacciando sul mercato.
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