I PFAS possono contaminare l’acqua potabile, i suoli e gli alimenti, rappresentando una minaccia per la salute umana.
Si chiamano PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche), ma anche “forever chemicals“, ovvero inquinanti eterni. Tali sostanze vennero sintetizzate per la prima volta alla fine degli anni ’30 dall’azienda chimica DuPont. Sono nati per errore da una reazione chimica che generò una strana polverina dalle incredibili capacità idrorepellenti e oleorepellenti, oltre ad essere molto resistenti alle alte temperature.
Per questo i PFAS iniziarono ad essere impiegati in moltissimi settori dell’industria e negli anni sono diventati composti onnipresenti in una grande varietà di prodotti. Tra gli oggetti d’uso comune che contengono PFAS ci sono padelle di teflon, indumenti impermeabili, imballaggi per alimenti, detergenti per la casa e vernici, ma anche negli alimenti. Uno studio ha rilevato che alcuni cibi aumentano i livelli di PFAS, tra cui tè, carne di maiale, carne lavorata, caramelle, bevande sportive, burro, patatine e acqua in bottiglia.
Il problema dell’inquinamento da PFAS su salute e ambiente
Gli inquinanti eterni sono così definiti per un motivo: si accumulano nell’ambiente. Questo comporta l’inquinamento di terreni e acqua, che finiscono per alterare gli ecosistemi e per contaminare anche l’organismo umano.
Negli anni numerosi studi hanno portato alla definizione dei PFAS, da parte dell’IARC, come sostanze “cancerogene per l’uomo”, riferendosi in particolare ai PFOA. L’esposizione a queste sostanze, infatti, può causare gravi danni alla salute. Essendo degli interferenti endocrini, i PFAS sono correlati al rischio di contrarre alcune forme di cancro femminile (utero, ovaie, seno). Sono poi associati al rischio di tumori ai testicoli, ai reni, a danni alla fertilità e possono favorire alti livelli di colesterolo.
Numerose ricerche hanno rilevato la presenza di PFAS nei corsi d’acqua e nelle acque potabili, soprattutto in zone limitrofe a fabbriche che li utilizzano. Questo fenomeno però, non riguarda solo un’area limitata del mondo, ma ha dimensioni globali. L’inchiesta Forever Pollution Project mostra che la contaminazione da PFAS è più alta di quanto si sappia pubblicamente. In Europa sono oltre 17.000 i siti contaminati dai forever chemicals.
L’Italia non è immune da questo problema. Tra i casi più gravi di contaminazione, c’è quello del Veneto, ma anche Piemonte, Lombardia e Toscana sono molto esposte ai PFAS.Ma il 26 giugno 2025 la giustizia ambientale in Italia ha fatto un importante passo in avanti: il tribunale di Vicenza ha condannato in primo grado undici ex dirigenti dell’azienda chimica Miteni di Trissino (Vicenza), ritenuti responsabili di aver inquinato la seconda falda acquifera più grande d’Europa con i Pfas.
I risultati dell’indagine “Acque Senza Veleni” di Greenpeace
I PFAS sono presenti nel 79% dei campioni di acqua potabile analizzati da Greenpeace Italia nell’ambito dell’indagine indipendente “Acque Senza Veleni”. L’organizzazione ambientalista, che tra settembre e ottobre 2024 ha raccolto campioni in 235 città di tutte le Regioni e le province autonome, ha presentato la prima mappa della contaminazione da PFAS nelle acque potabili in Italia.
“Lo scenario che emerge è preoccupante. Dei 260 campioni che abbiamo analizzato, ben il 79%, praticamente 4 su 5, sono positivi alla presenza di una delle 58 molecole che abbiamo analizzato. – spiega Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento Greenpeace Italia – Il quadro che ne emerge è di una contaminazione diffusa, che interessa soprattutto le regioni del Centro e del Nord Italia“.
Livelli elevati si registrano in Lombardia (ad esempio in quasi tutti i campioni prelevati a Milano) e in numerosi comuni del Piemonte (Torino, Novara, alcuni comuni dell’alessandrino, ma anche Bussoleno in Valle di Susa), del Veneto (anche in comuni fuori dall’area rossa già nota per essere tra le più contaminate d’Europa, come Arzignano, Vicenza, Padova e Rovigo), dell’Emilia-Romagna (Ferrara, Comacchio, Reggio Emilia), della Liguria (Genova, Rapallo, Imperia), della Toscana (Arezzo, Lucca, Prato), della Sardegna (Olbia, Sassari e Cagliari) e Perugia in Umbria.
Come affrontare i problemi relativi alla diffusione dei PFAS?
Sono molti gli studi secondo cui la filtrazione mediante carbone attivo riduce le concentrazioni di PFAS nell’acqua potabile, con tassi di rimozione che vanno dal 50% al 90% in relazione al tipo di trattamento. Per questo motivo i filtri a carbone attivo sono utilizzati dai gestori delle reti. Un altro sistema anche se più oneroso a livello economico è l’impianto a osmosi inversa che però demineralizza l’acqua rendendola quasi distillata (si usa a livello domestico).
In ogni caso, per sapere se l’acqua del nostro rubinetto di casa è contaminata da PFAS e in che quantità, si può controllare se sulle pagine web del gestore dell’acqua del proprio comune o della ASL di riferimento siano pubblicate le analisi periodiche delle acque potabili, e se, tra i parametri monitorati, siano presenti anche i PFAS. Grazie a una direttiva europea gli enti pubblici avranno l’obbligo di monitorare la presenza di PFAS nelle acque potabili a partire da gennaio 2026. Con la normativa FOIA, l’ordinamento italiano riconosce la libertà di accedere alle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni come diritto fondamentale. I cittadini italiani hanno il diritto di richiedere dati e documenti, così da svolgere un ruolo attivo di controllo sulle attività delle pubbliche amministrazioni. Molti enti pubblici mettono a disposizione dei form online da compilare e spedire per ottenere le informazioni richieste.