Qualità dell’aria in casa: come e perché migliorarla

Woman watering plant by window in home

Si discute molto della qualità dell’aria che respiriamo negli ambienti aperti, fuori casa, (abbiamo tutti presenti le campagne svolte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per sensibilizzare governi e popolazione), meno di quella che respiriamo negli ambienti chiusi in cui, secondo il rapporto Ispra del 2010, trascorriamo dall’80 al 90% del tempo giornaliero : dalla casa all’ufficio, passando per la scuola o la palestra. Eppure, anche per i cosiddetti ambienti indoor, le ricerche esistono e la stessa OMS, già nel 2000, aveva riconosciuto un’aria indoor sana come un diritto fondamentale degli esseri umani . Oggi, così come riportato in diverse ricerche sul tema, è appurato che la qualità dell’aria che respiriamo, fuori e dentro gli edifici, influisce sul nostro stato di salute. E sono numerosi gli istituti che hanno preso posizione per difendere il diritto ad un’aria sana.

Anche negli ambienti confinati la composizione dell’aria risulta molto variabile dipendendo, tra le altre cose, dalla frequenza ed dai sistemi di aerazione, dall’origine dell’inquinante, dalle attività svolte da chi ci vive, ecc. Quello che però davvero incide sul nostro stato di salute, non è solo la natura e la concentrazione degli inquinanti (sostanze inquinanti non rilevabili all’esterno o concentrazione a volte superiore a quella esterna), ma la durata dell’esposizione e la conseguente dose.

 

Quali sono le fonti indoor più comuni e più dannose?

Le emissioni da sigarette, se presenti, ma in generale ogni processo di combustione: camini, termocamini, stufe a pellet (impianti di riscaldamento a biomasse), ma anche le emissioni da attività di cucina, dalle candele e dagli incensi. Chiaramente, non sono le uniche. Anche i prodotti per la pulizia, le stampanti laser e 3D, i materiali utilizzati nella costruzione, come descritto anche nel Rapporto dell’Istituto superiore della Sanità sulla qualità dell’aria. Per questi ultimi però esistono incentivi statali: vanno utilizzati con oculatezza, per evitare di dover scegliere tra soldi e salute.

 

Migliorare la qualità dell’aria di casa grazie agli incentivi statali 2018: Conto termico ed eco bonus

L’Ecobonus 2018 (aggiornato dalla legge di Bilancio) si materializza in una detrazione Irpef (Iref per le aziende).

Il conto termico (nato nel 2012) è destinato ad amministrazioni pubbliche e soggetti privati: punta al miglioramento dell’efficienza energetica – con incentivi e detrazioni – degli edifici già esistenti e ad incoraggiare la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Entrambe le iniziative puntano sostanzialmente su una miglior efficienza energetica ed una riqualificazione di locali ad uso abitativo o commerciale. Mentre l’Ecobonus ammette interventi strutturali (sismobonus), il conto termico punta sulla diagnosi e la certificazione energetica. Entrambi però contemplano gli interventi volti al miglioramento dell’isolamento termico: coibentazioni, sostituzione di serramenti, ecc. Puntano anche alla sostituzione di impianti con soluzioni più efficienti: non solo caldaie a condensazione, pompe di calore ed installazioni che sfruttano le fonti rinnovabili (pannelli solari ad esempio), ma anche stufe e camini a biomasse.

A questo riguardo è consigliata la prudenza. A questo riguardo la prudenza è doverosa. I fabbricanti hanno l’obbligo di rispettare standard qualitativi definiti dal legislatore in tema di progettazione, costruzione e sicurezza degli impianti (UNI EN: 14785; 13229; 13240) affinché siano garantite prestazioni efficienti. Se, dunque, in materia di efficienza energetica le norme sono chiare, si registra una situazione diversa per quanto riguarda le “emissioni”. I valori di tolleranza indicati da queste normative per le emissioni in ambiente aperto sono pari a 45 mg/Nm3, quasi 1000 volte superiori al valore di concentrazione medio giornaliero di “polveri sottili” (il particolato atmosferico PM10) imposto in area urbana (D.Lgs. 155/2010). Queste norme tuttavia non prendono in considerazione le polveri di dimensioni inferiori, e cioè nanometriche. In altri termini, al momento, non esiste una norma nei paesi UE che definisca la natura e il limite delle emissioni indoor.

 

Questo significa che non va utilizzato il pellet o il termocamino?

No. Significa che, per evitare di inquinare le nostre case con le polveri da combustione liberate da questi dispositivi alcune accortezze vanno considerate: la stufa o il camino devono essere assolutamente chiusi ermeticamente e, soprattutto, la loro alimentazione deve essere separata dal luogo in cui si svolge la combustione, meglio ancora se è automatizzata. Dove vanno le polveri sottili in questo caso? Ce le ritroviamo fuori…

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