Tra i punti cardine indicati nell’Accordo di Parigi del 2016 c’è quello di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi. A cinque anni dall’entrata in vigore dell’accordo, i Paesi aderenti devono fare i conti con gli obiettivi prefissati. Ma il 2020 è anche l’anno della pandemia mondiale del Covid-19 che sembrerebbe aver messo in secondo piano la lotta al cambiamento climatico.
In occasione della Conferenza di Parigi sul clima del 2015 (Cop21) è stato stipulato un accordo sul clima tra oltre 90 Paesi, dopo lunghissimi negoziati durati più di dieci anni. Dal 4 novembre 2016 è entrato in vigore l’Accordo di Parigi, 30 giorni dopo la ratifica da parte di almeno 55 Paesi che rappresentano almeno il 55% delle emissioni di gas serra e verrà applicato dal 2021.
Ogni cinque anni i Paesi aderenti devono fissare nuovi obiettivi per i loro sforzi in materia di clima e, a tal proposito, a cinque anni dall’entrata in vigore dell’accordo, tali obiettivi devono essere rivisti ed aggiornati da tutti i firmatari entro la fine del 2020.
Nel 2017 il presidente americano Donald Trump ha confermato la sua intenzione di far uscire gli Stati Uniti dall’accordo sul clima, anche se non può formalmente farlo fino al 4 novembre 2020, un giorno dopo le elezioni. Il candidato democratico alla Casa Bianca Joe Biden, da parte sua, si è impegnato a far rientrare gli Stati Uniti nell’accordo di Parigi in caso di una sua vittoria.
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Punti cardine dell’Accordo di Parigi
L’Accordo di Parigi è il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sui cambiamenti climatici contenente elementi per una riduzione progressiva delle emissioni globali di gas serra. Si basa su principi comuni validi per tutti i Paesi e tra i punti cardine ci sono:
- Limitare ben al di sotto dei 2 gradi Celsius il riscaldamento medio globale rispetto al periodo preindustriale, puntando a un aumento massimo della temperatura pari a 1,5 gradi Celsius;
- L’impegno di tutti i Paesi, in forma giuridicamente vincolante, a presentare e commentare ogni cinque anni a livello internazionale un obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni (Intended Nationally Determined Contribution, INDC). Il raggiungimento dell’obiettivo è vincolante solo dal punto di vista politico, mentre sono giuridicamente vincolanti l’attuazione delle misure nazionali e la rendicontazione sul grado di raggiungimento degli obiettivi;
- L’impegno dei Paesi industrializzati, dal punto di vista giuridico, a sostenere i Paesi in via di sviluppo nell’adozione delle loro misure di adattamento e di riduzione delle emissioni;
- I Paesi di vecchia industrializzazione erogheranno cento miliardi all’anno (dal 2020) per diffondere in tutto il mondo le tecnologie verdi e decarbonizzare l’economia. Un nuovo obiettivo finanziario sarà fissato al più tardi nel 2025;
- Un meccanismo di rimborsi per compensare le perdite finanziarie causate dai cambiamenti climatici nei paesi più vulnerabili geograficamente;
- Dal 1995 la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCC) organizza ogni anno una Conferenza delle parti (Cop) fra i paesi aderenti per discutere fra i paesi della situazione del riscaldamento globale e dei provvedimenti da intraprendere.
Italia: l’accordo di Parigi e il Quadro Clima-Energia 2030 dell’UE
L’accordo di Parigi si inquadra nella cornice più ampia definita dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, e si integra all’obiettivo n.13 “Lotta contro il cambiamento climatico“, e in particolare al sotto-obiettivo che richiede di “integrare le misure di cambiamento climatico nelle politiche, strategie e pianificazione nazionali“. L’Italia ha ratificato l’accordo con la legge n. 204/2016 ed è entrato in vigore l’11 dicembre 2016.
Il nostro Paese ha avviato il 3 ottobre 2019 una consultazione pubblica volta a definire la “Strategia di lungo termine” con orizzonte temporale al 2050. L’Italia, in linea con quanto già previsto dal PNIEC (Piano Energia e Clima), è in procinto di finalizzare la propria Strategia nazionale di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra.
La strategia individua possibili percorsi di decarbonizzazione, prendendo in considerazione diverse opzioni tecnologiche, comprese quelle più innovative, non ancora completamente implementate, al fine di raggiungere l’obiettivo di neutralità climatica al 2050. Una volta ultimata, la strategia sarà trasmessa alla Commissione Europea nonché all’UNFCCC in ottemperanza all’Accordo di Parigi.
“Per arrivare a quel traguardo bisogna passare attraverso una serie di step intermedi, e attraverso il decennio 2020-2030 considerato, per le scelte che faremo ora, il momento topico per camminare lungo la via che ci porta alla normalità green”, afferma il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Uno degli elementi fondamentali è lo sviluppo delle energie rinnovabili, punto in cui entra gioco il Pniec. Il taglio del 40% al 2030 del fossile “non è più in linea con l’accordo Parigi, perché se vogliamo arrivare a una normalità nuova va ridisegnato il quadro delle rinnovabili e il passaggio verso la decarbonizzazione”, continua il Ministro.
In occasione degli Stati generali dell’economia, Greenpeace Italia ha presentato uno studio commissionato all’Institute for Sustainable Future di Sydney (ISF), nel quale sono stati delineati due scenari per raggiungere gli obiettivi ambientali per l’Italia:
- uno con il traguardo di emissioni zero dell’Italia al 2040;
- uno con una decarbonizzazione totale al 2050 e nel quale si spiega che solo quest’ultimo programma permetterebbe di rispettare gli accordi di Parigi.
“Non è possibile pensare a un futuro migliore se non puntiamo con determinazione e rapidità su rinnovabili ed efficienza energetica, abbandonando i combustibili fossili che causano cambiamenti climatici, inquinamento e degrado ambientale”, dichiara Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia.
La rivoluzione energetica, in linea con l’obiettivo per l’Italia di fare la propria parte per contenere l’aumento della temperatura globale entro 1.5°C, porterebbe con sé anche vantaggi economici e occupazionali: entro il 2030, secondo lo studio, si avrebbe infatti la creazione di 163 mila posti di lavoro e dal punto di vista economico la transizione potrebbe interamente finanziarsi con i risparmi derivanti dalla mancata importazione di combustibili fossili al 2030.
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Covid-19, crisi climatica e ripresa sostenibile
“La crisi del Covid ha colpito tutti, sconfiggere il virus è una priorità, non si possono gestire due crisi insieme: per questo le questioni ambientali, la lotta sul Climate Change è stata messa in pausa, invece dobbiamo capire che è urgente e non si può mollare se vogliamo avere un futuro“. Queste sono le parole della giovane attivista svedese Greta Thunberg, fondatrice de movimento Fridays For Future – “La crisi climatica non viene ancora affrontata come tale, non c’è ancora sufficiente consapevolezza, invece dobbiamo trovare una soluzione di attuazione concreta dell’Accordo di Parigi, siglato 5 anni fa, ma non ancora adeguato”.
Papa Francesco, in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, ha ribadito che “occorre fare tutto il possibile per limitare la crescita della temperatura media globale sotto la soglia di 1,5 gradi centigradi, come sancito nell’Accordo di Parigi sul Clima: andare oltre si rivelerà catastrofico, soprattutto per le comunità più povere in tutto il mondo. In questo momento critico – aggiunge – è necessario promuovere una solidarietà intra-generazionale e inter-generazionale. In preparazione all’importante Summit sul Clima di Glasgow, nel Regno Unito (COP 26), invito ciascun Paese ad adottare traguardi nazionali più ambiziosi per ridurre le emissioni“.
Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha sottolineato che il mondo sta affrontando due crisi urgenti: il coronavirus e il cambiamento climatico. “Affrontiamoli entrambi e lasciamo alle generazioni future la speranza che questo momento sia un vero punto di svolta per le persone e per il pianeta”. Il Segretario Generale ha delineato sei azioni per una ripresa sostenibile, quali l’investimento in posti di lavoro verdi, togliere qualsiasi aiuto alle industrie inquinanti, la fine dei sussidi per i combustibili fossili, la contabilizzazione del rischio climatico in tutte le decisioni finanziarie e politiche, la collaborazione e il non lasciare nessuno indietro, oltre al sostegno alle energie rinnovabili, più economiche ed efficienti.
Il capo dell’Onu ha esortato in particolare i membri del G20, il gruppo delle nazioni più industrializzate, a presentare piani “più ambiziosi” a livello nazionale (NDC) e strategie a lungo termine prima della COP26, in linea con l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C, in linea con quanto definito dall’accordo di Parigi.
Anche il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, in conferenza stampa da Ginevra, in occasione del primo Clean Air Day ha affermato che “la pandemia Covid-19, e le misure adottate in molti Paesi per contenerla, hanno pesato molto sulle vite delle persone, sui mezzi di sussistenza e sulle economie. Ma ci sono stati anche alcuni vantaggi inaspettati. In molti luoghi, abbiamo assistito a un calo significativo dell’inquinamento atmosferico. E questo è il mondo per cui dobbiamo lottare. Non stiamo solo combattendo un virus: stiamo combattendo per un futuro più sano, più sicuro, più pulito e più sostenibile”.
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