Costruire con gli scarti: cinque edifici riciclati in Italia e nel mondo

Al bando mattoni, cemento e tegole. Per avere una casa sostenibile al 100% meglio puntare su materiali ecologici, economici e riciclati. No, non si sta parlando di una nuova frontiera della bioedilizia ma di edifici costruiti con materiali di recupero. Case particolari, veramente ‘green’, sempre più diffuse negli Stati Uniti e in Europa: sono diversi i progetti che trovano nel riciclo di rifiuti una fonte di approvvigionamento per il comporta dell’edilizia. Ma in Italia si contano ancora sul palmo della mano.

L’eco-stadio riciclato: Juventus stadium

Inaugurato nel 2011, quello di Torino è un vero e proprio stadio ‘riciclato’: per realizzarlo sono stati recuperati e riutilizzati all’interno del nuovo cantiere molti dei materiali ricavati dallo smantellamento del vecchio stadio ‘Delle Alpi’.Nel dettaglio, si tratta di 40mila metri cubi di calcestruzzo, frantumati ed utilizzati come sottofondo del rilevato strutturale del nuovo impianto, cinquemila tonnellate di acciaio, duemila metri quadrati di vetro, 300 tonnellate di alluminio. Risparmio complessivo: 500mila euro, cioè 20 euro al metro cubo.

 

Savno: la sostenibilità trova casa

Il giardino pensile

In Veneto, è il primo edificio italiano interamente costruito con i rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata. Si tratta della sede dell’azienda Savno, acronimo di Servizi Ambientali Veneto Nord Orientale, azienda che gestisce i servizi di igiene ambientale di 42 Comuni nella provincia di Treviso.
Il progetto, realizzato attraverso linee semplici e compatte per ridurre la dispersione di calore, si avvale di 33 metri cubi di materiale isolante in Pet riciclato termolegato (senza quindi utilizzare colle o resine leganti), proveniente da circa 33mila bottiglie di plastica. Per isolare i suoi pavimenti, sono stati utilizzati 100 metri cubi di carta di giornale trattata e di sughero, un materiale naturale che richiede poca energia per essere prodotto e può essere riciclato all’infinito (nel caso della carta) o rigenerato (nel caso del sughero). Acciaio e alluminio, entrambi riciclabili, caratterizzano le strutture portanti, le armature e gli infissi di finestre e porte. Il tamponamento dei muri è fatto con pannelli di legno-cemento, realizzato con scarti di segherie. Un giardino pensile sul tetto che sfrutta il compost e gli ecosportelli per accogliere i clienti realizzati con materiale di riciclo (a partire dalle sedute in cartone compattato), contribuiscono a diffondere la cultura del riuso di cui la struttura, per mission e vocazione, si fa portavoce.

Nuova vita ai container: Nomadic Museum

Un museo itinerante che, tra il 2004 e il 2005, ha ospitato le opere del noto fotografo canadese Gregory Colbert: 150 ex container navali, tubi di cartone, ghiaia, ciottoli, legno costituivano il cuore di questo allestimento concepito in Italia e sviluppato dall’architetto giapponese Shigeru Ban, noto per le sue ‘architetture di cartone’. Principale promotore dell’iniziativa la Fondazione Bianimale, un’organizzazione no profit svizzera che attraverso l’arte tutela l’ambiente e la fauna animale. Il capannone, costruito di volta in volta sistemando i container a scacchiera uno sull’altro nei porti di Venezia, New York, Los Angeles, Tokyo, era costituito da materiali riciclati e riciclabili. Sulle pareti metalliche multicolori poggiava il tetto in ferro, rivestito in PVC, materiale utilizzato anche per chiudere gli spazi rimasti liberi tra un container e l’altro e proteggere i visitatori dalla forza del vento. Vista la sua transitorietà ogni materiale era stato studiato per essere nuovamente trasportato o riutilizzato. Un impatto suggestivo, che riusciva a coniugare l’arte con la transitorietà e la ruvidezza dell’ambiente portuale. Dimostrando che anche il porto può diventare teatro per l’arte e veicolo di un messaggio di sostenibilità ambientale.

 

Pneumatici riempiti di terra: Brittany Groundhouse

Siamo nel cuore della Francia settentrionale, ma il progetto è opera di due americani, Daren Howarth e Adrianna Nortje, provenienti dal New Mexico. La sua particolarità è la tamponatura dei suoi muri, realizzata utilizzando oltre mille vecchi pneumatici per automobili riempiti di terra. Questo consente un buon isolamento alle pareti, permettendo alla casa di autoregolarsi e di mantenere la temperatura costante per tutto l’arco dell’anno. Ogni stanza della casa ha un accesso verso l’esterno che garantisce l’apporto di luce e calore a ogni ambiente. I vetri che rivestono l’abitazione sono fatti sfruttando, per l’80%, vecchi parabrezza, mentre l’isolamento del tetto e la sua impermeabilizzazione sono ottenuti sfruttando bottiglie e vecchi sacchetti di plastica riciclata.
Qui anche l’acqua viene riciclata, raccolta quella piovana e depurata quella sfruttata per le necessità dell’abitazione, attraverso filtri naturali che permettono poi il suo utilizzo per l’irrigazione del giardino. Infine, 250 chili di cartone, diverse centinaia di bottiglie di vetro, lastre di calcare di recupero e pietre granitiche locali contribuiscono a rendere il design della casa unico e particolare, con un abbattimento notevole del suo impatto ambientale.

 

Anima di acciaio e cemento: Big Did House

Buon esempio di come anche l’architettura e il design si stiano muovendo verso l’ecosostenibilità, la struttura che sorge a Lexington, nel Massachusetts, è progettata con un’anima di acciaio e cemento, scarti dello smantellamento di un’autostrada e la sua progettazione richiama le forme semplificate e modulari del prefabbricato. Frutto di un progetto decennale, continuamente rivisto e perfezionato, Big Did House utilizza materiale di riciclo in ogni sua sezione, dal giardino pensile che riveste il tetto, alle pietre trovate durante gli scavi per le sue fondamenta, fino agli interni, da cui traspare, oltre all’altissimo design, la sua vocazione al riuso e alla riqualificazione di materiali di scarto.

 

®Eco_Design WebMagazine

 

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