L’esempio di un virtuoso processo di transizione energetica giunge a sorpresa dalle Hawaii, il contesto perfetto ai fini dell’impiego su larga scala delle fonti rinnovabili. L’arcipelago del Pacifico, infatti, presenta una serie di caratteristiche funzionali allo sviluppo di forme di energia alternativa: all’ingente costo dell’energia elettrica (più del doppio rispetto ai prezzi vigenti negli Stati Uniti) si aggiunge un elevato potenziale di sole, vento, biomasse e geotermia.
D’altra parte, nonostante i presupposti, per lungo tempo la diffusione degli impianti rinnovabili è stata notevolmente limitata, giacché in grado di soddisfare solamente il 10% della domanda. L’inversione di tendenza si è registrata in seguito al 2010, al punto che, in soli sei anni, la produzione di energie alternative è giunta sino al 26%. In questo senso si è rivelata decisiva la funzione assolta dal fotovoltaico, che garantisce una produzione pari a 490 MW, pari alla metà del potenziale rinnovabile dell’isola. Si tratta di un processo favorito, oltre che dall’elevato costo dell’energia elettrica, dai numerosi incentivi nonché dal crollo dei prezzi dei moduli. L’esito è stato assolutamente rilevante: l’installazione di 79000 impianti solari. In altri termini, una famiglia su sei dispone del fotovoltaico, in antitesi agli Usa, dove la media è appena dell’1%. In più, l’attenzione all’energia solare ha progressivamente riguardato anche l’acqua calda: ciò ha condotto all’installazione di 80000 impianti termici, l’inserimento dei quali nei nuovi edifici risulta obbligatorio dal 2010.
All’interno di questo processo si inscrive, poi, l’introduzione, nel 2015, di una legge che, propiziata dalla mobilitazione dei gruppi ambientalisti e dal sostegno dell’opinione pubblica, ha fissato un ulteriore obiettivo: il compimento del processo di decarbonizzazione della produzione elettrica entro il 2045. Secondo una disposizione del 2016, entro lo stesso anno il Governo hawaiano si ripropone di convertire il sistema dei trasporti alle energie rinnovabili, con particolare riferimento alla mobilità elettrica.
Si ritiene, poi, che nel 2030 il numero di impianti fotovoltaici raddoppierà, giungendo a 165000 unità. Ognuno di essi, inoltre, disporrà di sistemi di accumulo, a testimonianza del ruolo fondamentale dello stoccaggio. Sono state, inoltre, introdotte delle tariffe differenziate di modo da valorizzare il contributo conferito dall’energia solare, differito nelle ore serali in quanto caratterizzate dal maggior consumo di energia.
David Ige, governatore dell’isola, si è dimostrato fortemente avverso rispetto alla possibilità di importare gas liquefatto, poiché una tale eventualità porterebbe al rallentamento della conversione alle energie rinnovabili. Un ulteriore aspetto degno di nota è rappresentato dalle condizioni che potrebbero propiziare la decisione di staccarsi dalla rete (risoluzione denominata “grid defection”). Benché siano assenti riferimenti numerici (decisione giustificata in nome della necessità di mantenere una certa riservatezza in merito), affiora con assoluta chiarezza la consapevolezza che la sempre maggiore competitività del binomio energia solare – accumulo possa giustificare la decisione di perseguire la via dell’autonomia totale.
Le nuove iniziative normative hanno indotto le utilities al mutamento delle proprie posizioni. In seguito ad una prima fase caratterizzata dal rifiuto di due proposte volte a promuovere il raggiungimento della produzione del 100% rinnovabile, hanno promosso un piano più avanzato che ha conseguito il plauso generale. L’Hawaiian Electric Companies, infatti, si ripropone il raggiungimento del 48% della produzione nel 2020 e il 100% nel 2040: in altri termini, si preverrebbe di cinque anni la fine dell’impiego delle fonti petrolifere. Gli aspetti interessanti di questa proposta sono molteplici. Si consideri, innanzitutto, la notevole accelerazione prevista sino al 2020, determinata dalla necessità di sfruttare in modo ottimale gli incentivi nazionali. Consequenzialmente, dunque, entro il 2021 è prevista l’installazione di 717 MW fotovoltaici, 157 MW eolici, a cui si aggiunge l’avvio di Demand Response, volti ad agire sui consumi, relativamente a 115 MW. Tali misure, pertanto, consentirebbero il raddoppiamento dell’impiego delle fonti rinnovabili, che giungerebbero al 52%.
In ultima istanza, quindi, appare evidente come il futuro energetico dell’arcipelago ed i costi di transizione saranno determinati dalle scelte di lungo termine tra gli impianti centralizzati e la generazione distribuita.
Antonio Coco
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