Lo sviluppo sostenibile, una sfida che dura da 30 anni

“Lo Sviluppo Sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”. Correva il 1987: la  definizione era contenuta nel Rapporto Brundtland, un documento rilasciato dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo (WCED).
Il nome si riferisce alla coordinatrice della commissione Gro Harlem Brundtland, che nel 1987 era presidente del WCED, medico e primo ministro norvegese negli anni ’80. Per spiegare meglio la definizione, si dice che uno sviluppo economico è compatibile con l’equità sociale e gli ecosistemi solo in regime di equilibrio ambientale. È la regola cosiddetta ‘equilibrio delle 3 E’ (ecologia, equità, economia). Già alla fine degli anni ’80 (quelli dell’edonismo reaganiano), prima del crollo del Muro di Berlino, donne e uomini politicamente lungimiranti paventavano la fine di questo sistema occidentale. Avevano vista ‘lunga’. Il sistema economico affermatosi dal Dopoguerra, partito dagli Usa, è antieconomico. Insostenibile. È consumistico, non riesce a fare economia delle risorse. Le spreca, le usa male: non si è mai preoccupato di come lascerà il mondo alle generazioni che verranno dopo. Così, il global warming (riscaldamento globale) è diventato un problema mondiale da risolvere solo grazie all’IPCC (Intergovernmental  Panel on Climate Change), composto da 2000 grandi scienziati climatologi, tra cui il premio Nobel per la Pace Al Gore (2007).

Siamo arrivati all’emergenza internazionale, dopo che è stato dimostrato come la temperatura media del pianeta sia aumentata di circa un grado rispetto  all’epoca preindustriale. Non importa essere ambientalisti, animalisti o pauperisti. Il concetto di sviluppo sostenibile, infatti, parte da una visione antropocentrica. Al centro della definizione non c’è l’ambiente. In cima alle preoccupazioni non c’è l’ecosistema, cioè la sopravvivenza e il benessere di tutte le specie viventi, c’è la specie umana. La sopravvivenza della specie umana, il benessere (stare bene) delle generazioni future.

L’ex vicepresidente degli Usa Al Gore

 

Lo sviluppo sostenibile diventa il paradigma di una cambiamento: una rivoluzione ‘soft’ senza la quale la specie umana rischia di andare incontro all’estinzione. Non mancano i critici, coloro che non vedono nessun futuro se lo sviluppo non si arresterà. Sono i teorici della decrescita (Serge Latouche): per loro la sostenibilità­ non ammette sviluppo.
Al di là delle dispute ideologiche e terminologiche, ci resta l’idea di sostenibilità, applicabile alla vita di tutti i giorni e a tutti i nostri comportamenti. La sostenibilità  può essere ambientale (stile di vita individuale rispettoso dell’ecosistema), economica (modo di produrre diverso, aziende più rispettose dell’ambiente), sociale (maggior rispetto dei diritti e della legalità). Come avrebbe detto il Mahatma Gandhi: “Qualsiasi cosa tu faccia è insignificante, ma è molto importante che tu la faccia”.

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