Vendemmia bio, attenzione al sociale e riduzione dell’impatto sull’ambiente: l’impegno di Ruffino sulla sostenibilità

Un marchio che rappresenta la storia del vino in Toscana dal 1877 e che nel corso degli ultimi decenni ha anticipato i princìpi della sostenibilità, esportandoli in tutto il mondo. Anter, nel suo approfondimento sulle scelte di sostenibilità delle imprese italiane, incontra Ruffino, storica azienda vitivinicola toscana. A raccontare l’impegno sulla sostenibilità e gli investimenti sul futuro del settore è il Csr & Environmental Manager, Thomas Blasi.

Blasi, cominciamo raccontando la storia dell’azienda e le sue evoluzioni negli ultimi anni…

Ruffino nasce nel 1877 come azienda industriale, specializzata nell’imbottigliamento di vino, con sede a Pontassieve. Fin dall’inizio l’idea è quella di consolidare un’impresa volta all’export. Un impegno cresciuto negli anni, fino a diventare l’azienda vitivinicola più conosciuta negli Stati Uniti. Tanto che nel 2010 Constellation Brands, la multinazionale americana specializzata in vino di qualità, ha acquistato l’azienda dalla famiglia Folonari. Da questo momento cresce in modo costante la visione sulla sostenibilità, che nel 2014 porta anche alle prime certificazioni ambientali. Oggi Ruffino conta su 250 persone in azienda, serve 90 Paesi nel mondo e ha nove sedi fra tenute e impianti di imbottigliamento: 7 in Toscana, due in Veneto per produrre prosecco di qualità”.

2) Dal 2018 il vostro percorso verso la sostenibilità si è evoluto con la nascita di Ruffino Cares. Ci spieghi in cosa consiste…

Come detto, per ottenere le prime certificazioni ambientali abbiamo promosso un progetto per verificare le nostre emissioni e ridurre l’impatto sull’ambiente. E’ però subito apparsa necessaria un’unica strategia aziendale che tenesse insieme tutti i singoli progetti di sostenibilità. I tre pilastri individuati sono stati: ambiente, rapporto col territorio e bere responsabilmente. Da qui la nascita di Ruffino Cares, che ci ha portato nel 2018 al primo bilancio di sostenibilità e a una verifica di un ente terzo per accertare la genuinità dei dati raccolti. Dal 2020 abbiamo inserito anche il quarto pilastro nel progetto: ‘Diversità e Inclusione’, dando visibilità e valorizzando il lavoro già effettuato nel tempo dal nostro reparto risorse umane. Nell’ultimo anno, inoltre, abbiamo ottenuto una certificazione sulla parità di genere”.

Entro il 2025 ambite a diventare un ‘Brand of Purpose’. Con quale finalità?

Il brand Ruffino non è solo un marchio di produzione di vino, ma è un’azienda ben inserita nel tessuto sociale. Per fare un esempio, molto spesso i dipendenti sono residenti delle zone limitrofe agli stabilimenti produttivi. Essere radicati col territorio, inoltre, ci consente di superare assieme alle varie realtà locali con le quali collaboriamo i momenti di crisi sopraggiunti con i cambiamenti climatici e con le oscillazioni dei mercati finanziari. Il nostro impegno sociale ci ha poi storicamente portato ad aiutare l’ospedale pediatrico Meyer, a sostenere il lavoro della protezione civile, e a contribuire alle varie raccolte dell’Unicef”.

Come il percorso verso la sostenibilità ha migliorato la capacità dell’azienda di stare sul mercato, compreso quello delle esportazioni internazionali?

La sostenibilità ci ha aperto mercati nei quali prima non eravamo presenti. Questo perché ci sono nazioni che impongono precise scelte di sostenibilità, sulle quali noi eravamo già pronti, assicurandoci così un vantaggio competitivo. Questa svolta sulla sostenibilità è stata possibile anche facendo un percorso assieme ai consumatori. Ad esempio sul packaging: storicamente una bottiglia più era pesante più costava. Ma questa concezione significava anche emettere più anidride carbonica per la produzione e trasporto dei prodotti. Così siamo riusciti a spiegare ai consumatori il nostro volere essere sostenibili, che la qualità non dipendeva dal peso della bottiglia e in un solo anno, dal 2022 al 2023, abbiamo ridotto l’utilizzo di vetro di 300.000 chili. Quest’anno il nostro obiettivo è quello di raddoppiare le quantità risparmiate.

 

Al di là dei singoli esempi aziendali, la produzione di vino e la sostenibilità nel settore agricolo e vinicolo possono sempre coesistere? Ed eventualmente quali possono essere i piani di compensazione ambientale?

Già da anni abbiamo deciso di fare la conversione totale al biologico e da quest’anno stiamo facendo la vendemmia completamente bio, tutelando la biodiversità per quanto ci è possibile. Certo, le difficoltà non mancano, e sono legate soprattutto ai cambiamenti climatici. Ma restiamo fermamente convinti della scelta presa. L’altro obiettivo è quello di ridurre l’impatto dei rifiuti prodotti scegliendo dove possibile la strada del riuso o del riciclo delle materie prime seconde. E stiamo portando avanti una gestione oculata dell’acqua, utilizzando solo impianti a goccia collegati a tre bacini di raccolta dell’acqua piovana e superficiale, e con altri tre in fase di completamento per la fine di quest’anno.

Che tipo di investimenti avete fatto per andare nella direzione della sostenibilità energetica?

Dove possibile abbiamo scelto energia verde certificata: sia a Pontassieve ma anche in Veneto. Abbiamo installato pannelli fotovoltaici solo sugli edifici, senza occupare terreno coltivabile, e stiamo studiando anche altre possibilità green. L’obiettivo è quello di arrivare alla decarbonizzazione totale nel 2050”.

Ci racconti i progetti per il futuro dell’azienda…

In questi anni abbiamo consolidato la nostra filosofia e strategia. Adesso la sfida è affrontare il cambiamento climatico perché l’agricoltura sta soffrendo molto fra allerte meteo ed eventi estremi. Di pari passo vogliamo continuare con l’impegno sociale e ridurre il nostro impatto sull’ambiente”.

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