3 Settembre 2018 3 min di lettura
Un settore tessile “circolare” ridurrebbe significativamente le emissioni di gas serra
3 Settembre 2018 3 min di lettura
C’è molta della storia futura del tessile e dell’economia circolare nel nuovo studio della Ellen MacArthur Foundation, “A new textiles economy: Redesigning fashion’s future” (Una nuova economia tessile: ridisegnare il futuro della moda) che descrive lo scenario del settore negli anni a venire, con un focus sull’abbigliamento, sottolineandone gli impatti sociali, economici e ambientali.
Il rapporto traccia la via verso la transizione verso un modello economico più sostenibile, in grado di migliorare le condizioni ambientali del pianeta e dei suoi abitanti, ed è una critica al vecchio modello lineare che per anni ha dominato il mercato e che sembra essere diventato molto costoso anche per le aziende.
I numeri dai quali partire sono in effetti preoccupanti:
E negli ultimi 15 anni la diffusione del Fast fashion ha portato la produzione di abbigliamento a raddoppiare, passando da 50 miliardi di pezzi nel 2000 agli oltre 100 miliardi nel 2015; parallelamente la media di utilizzo di ogni capo è diminuita del 36%, con un picco del 70% in Cina.
Le previsioni nelle pagine dello studio non sono incoraggianti: entro il 2050, per la produzione di abiti è previsto un aumento tre volte maggiore di quello attuale e gli sforzi per non oltrepassare gli 1.5 gradi di aumento della temperatura terrestre rispetto all’epoca preindustriale sarebbero completamente vani. Il consumo di risorse non rinnovabili schizzerebbe a 300 milioni di tonnellate e 22 milioni di fibre di microplastica verrebbero riversate negli oceani.
Quindi la Ellen MacArthur Foundation propone di sostituire il modello lineare con quello di economia circolare, in cui gli scarti sono limitati, riutilizzati e trasformati da problema in risorsa. Il tutto con quattro passi fondamentali:
Questo nuovo modello si tradurrebbe in un risparmio dei costi per le aziende, non più esposte alle oscillazioni e all’aumento dei prezzi dei materiali vergini, in un rapporto di fiducia reciproca con i clienti, coinvolti nella transizione attraverso campagne di sensibilizzazione sul riutilizzo e riciclo, mentre dal punto di vista ambientale un settore tessile “circolare” ridurrebbe significativamente le emissioni di gas serra, lo spreco di acqua e di risorse primarie, le fuoriuscite di materiali inquinanti e aumenterebbe la produttività del suolo.
®Eco_Design WebMagazine
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