Donne, ambiente e società: gli stati generali delle donne guardano al futuro del pianeta

Intervista a Claudia Laricchia

Gli stati generali delle donne mettono in primo piano i problemi ecologici ed ambientali e puntano con decisione ad un piano di sensibilizzazione sulle grandi sfide di sostenibilità che coinvolgono il pianeta. La protagonista di questa accelerazione sui temi della sostenibilità e dell’innovazione tecnologica applicata ai sistemi di produzione agricola è Claudia Laricchia, Presidente Nazionale della Commissione Ambiente e Innovazione della Federazione Italiana Diritti Umani, Direttrice del Dipartimento Relazioni Istituzionali  e Accordi internazionali del Future Food Institute, nonché climate leader del The Climate Reality Project fondato da Al Gore.
 

Abbiamo intervistato l’artefice di questa svolta. Come è nata questa idea?
 
Ho proposto alle donne che stavano facendo un cammino quinquennale di sviluppo sui temi delle pari opportunità di realizzare un progetto verticale all’interno del patto delle donne dedicato al clima e all’ambiente: “Il patto delle donne per il clima e per l’ambiente”. L’idea è stata accolta con un tale entusiasmo che mi hanno proposto come coordinatrice anche alla luce del mio ruolo nella Federazione Italiana Diritti Umani.  Ho accolto con grande gioia  questa investitura perché sono sicura che le donne sicuramente sono e saranno sempre degli agenti che possono attivare le comunità dal basso.
 
Mettere enfasi  sul ruolo della donna nei problemi ambientali o comunque nei problemi del clima e dell’ambiente offre un prospettiva piuttosto singolare sul tema dell’ecologia e della sostenibilità. Cosa c’è alla base di questo approccio?
 
La donna è sicuramente per natura vocata al benessere collettivo. Essa procede mentalmente ad un costante passaggio dalla competizione alla collaborazione in ogni ambito della vita quotidiana. Mi piace inoltre evidenziare il ruolo sociale della donna come collante dalle società agricole a quelle industrializzate partendo dal loro ruolo e dalla loro importanza nello sviluppo dell’empowerment al femminile con le conseguenti ricadute sociali, culturali, ambientali ed economiche.
 
Detto questo, io non sono una sostenitrice delle diversità assolute. Ritengo che la diversità rappresenti un elemento identitario da valorizzare per operare in maniera inclusiva.
 
Al momento stiamo lavorando per realizzare il 18 marzo al Parlamento Europeo a Milano un momento di confronto che ribalti la classica architettura dell’annuncio generico sullo sfondo di progetti vaghi e di mero principio. In quest’ottica vorrei farmi strumento di attivazione affinché questo patto diventi una cassa di risonanza per le azioni delle donne nella sfida più urgente che il pianeta impone: quella dei cambiamenti climatici ed in particolar modo dell’ambiente come diritto umano perché l’ambiente sano è un diritto umano fondamentale.

Nel tuo intervento al TEDx di Legnano hai sottolineato il complesso rapporto tra inquinamento e alimentazione con lo slogan “smettere di mangiare quello che inquiniamo e inquinare mangiando”.
 
Questa è la frase che riassume al meglio il mio impegno. Come direttore relazioni istituzionali del Future Food Institute ritengo che cibo, clima e innovazione appartengano a settori strettamente intercomunicanti. In quest’ottica l’innovazione applicata al settore agroalimentare realizza una possibile soluzione al legame attualmente malato tra cibo e clima. Il nostro focus è quello di raccogliere idee e soluzioni possibili per realizzare un vero e proprio  cambiamento e tal fine stiamo implementando un bando con le Nazioni Unite che abbiamo lanciato il 6 febbraio e che scadrà il 31 marzo.  Con questo bando contiamo di raccogliere le migliori idee innovative e i progetti tecnologici da applicare all’agribusiness per i paesi in via di sviluppo. Alla base c’è la constatazione che l’agricoltura genera un terzo di gas serra nell’atmosfera terrestre e di questi l’80% deriva dai sistemi agricoli nei paesi in via di sviluppo.  Se riusciamo a innovare tutta la filiera agroalimentare in quei paesi oltre ad avere una ricaduta sociale ed economica importante per loro portiamo anche un contributo decisivo al benessere del pianeta.
 

L’80% delle emissioni inquinanti legate al settore agroalimentare proviene da paesi in via di sviluppo. Secondo te è un fenomeno legato ad una deregulation sulle tecniche agricole o ci sono altri motivi?

 

Sicuramente alla base ci sono tecniche produttive molto lontane dall’agricoltura di precisione con un conseguente spreco di risorse nella produzione legato anche all”utilizzo di sostanze nocive. Tutto questo si intreccia con i fenomeni legati anche all’impoverimento del suolo che smette di mitigare  i cambiamenti climatici se stressato e degradato con un’agricoltura intensiva.  A mio avviso occorre puntare al modello della CSA (climate smart agricolture). Questo approccio riveste un ruolo fondamentale che va oltre la cosiddetta rivoluzione verde e punta ad  una rivoluzione di sostenibilità.

 

Il nesso tra istruzione, educazione nel cambiamento di mentalità appare ormai lampante, qual ritieni possa essere il ruolo della donna in funzione di un cambiamento di mentalità?

 

Le donne hanno un ruolo fondamentale nell’educazione  delle future generazioni senza nulla togliere ovviamente al ruolo storico  degli uomini. Partendo da  una riflessione anche territoriale su come funzionano le società nei paesi in via di sviluppo o nei paesi occidentali  è chiaro che il tema dell’educazione resta centrale per porre le basi di una vera innovazione culturale. La citazione che rende meglio questo concetto è quella di Albert Einstein quando sostiene che “non possiamo risolvere un problema con la stessa mentalità che quel problema l’ha creato” prima bisogna cambiare mentalità solo allora possiamo iniziare a pensare ad una vera soluzione.
 

Il paradigma dello sviluppo della crescita infinita sta scricchiolando in maniera evidente. Pensi che le nuove generazioni siano consapevoli della necessità di un deciso cambio di passo nell’affrontare questi problemi?

 

Ne sono convinta. Proprio in questa direzione con la FIDU abbiamo presentato in Senato e il primo dicembre a Villa Clerici presso la sede della Lum School of Management a Milano il progetto “Youth empowerment for environment”. La differenza tra questo progetto che porteremo nelle scuole e i progetti educativi convenzionali si concentra sul mettere al centro i giovani e le giovani delle scuole italiane affinché agiscano per il clima: basta lezioni convegni, workshop gente che si parla addosso. E’ finito il tempo delle chiacchiere! Non c’è più tempo, ma questo non lo dico io lo dice l’Intergovernamental Panel on climate Change che ci dà dodici anni per tenere la temperatura del pianeta al di sotto del grado e mezzo.
 
Nell’immagine di copertina Claudia Laricchia
Photo Credit businesspeople.it

 
Fabio Cimmino

®Eco_Design WebMagazine

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