Acqua potabile dai rifiuti, il dispositivo per combattere la crisi idrica in Uganda

Il dispositivo progettato da un giovane ugandese per generare acqua pulita e sana

Trasformare gli scarti alimentari in carbone attivo, utile per purificare l’acqua e renderla potabile. L’idea del chimico ugandese Timothy Kayondo per combattere la crisi idrica in Uganda. 

Le difficoltà connesse all’accesso all’acqua potabile rappresentano ancora oggi un problema in molte regioni del Pianeta.  Spesso le popolazioni locali vanno incontro ad importanti rischi per la salute ,visto che hanno a disposizione solamente acqua sporca o contaminata. E proprio dall’Africa arriva una soluzione.

Dall’intuizione di un giovane ugandese nasce un dispositivo in grado di creare acqua pulita partendo dal riciclo degli scarti alimentari . Andiamo a scoprire insieme i particolari di questa invenzione. Il nome dell’apparecchio in grado di generare acqua pulita e sicura è “Eco”, prodotto di punta della Aqua Methods Uganda fondata da Timothy Kayondo,  il giovane che ha deciso di progettare questo innovativo purificatore di acqua portatile che potrebbe davvero cambiare l’approccio delle popolazioni locali verso consumi di acque più sane e sicure.

Come funziona Eco

Una volta raccolti i rifiuti , questi vengono uniti e messi ad essiccare per produrre il  “carbone attivo” in grado di filtrare e rendere potabile l’acqua . La polvere filtrante che si viene a generare è impiegata all’interno di un contenitore utilizzato per raccogliere e depurare l’acqua. Ad attivare il processo è proprio l‘energia solare che funge da catalizzatore al processo di depurazione.

La caratteristiche che rende questo purificatore unico riguarda la modalità con cui viene prodotto il carbone attivo: utilizzando materiali alimentari di scarto, soprattutto ossa di animali e manioca (un tubero), prima essiccati e poi uniti a particolari enzimi che li trasformano nella polvere filtrante.

In questo modo sarà possibile portare acqua pulita e sicura anche nelle aree remote dell’Uganda dove l’accesso all’acqua e all’energia è limitato. Unica problematica al momento è nel prezzo: il dispositivo, infatti, costa migliaia di euro ma l’aumento della domanda da parte di ong o organizzazioni internazionali, potrebbero consentire di donarli a scuole oppure ospedali, rendendo la tecnologia meno costosa e e acquistabile anche dalle singole persone.

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