Addio al Petrolio: I biocarburanti in Italia

Il settore dei trasporti è ancora fortemente dominato dal petrolio ma in tutta Europa stanno prendendo piede i Biocarburanti. L’Italia sta investendo in ricerca e sviluppo.

Secondo alcune stime dell’IPCC (commissione dell’Onu sul clima) tra le maggiori fonti di inquinamento, con un’incidenza di circa il 78% sul totale delle emissioni di Co2, ci sono i combustibili fossili, e tra questi il più inquinante è il petrolio, che è ancora lungamente utilizzato.
Nel rapporto del GSE “Energia nei trasporti 2017” il petrolio, i suoi derivati e il metano risultano essere le fonti di energia più utilizzate. In modo particolare, risulta evidente che il comparto che ne fa più ricorso è quello dei trasporti. Infatti, il settore dipende dall’oro nero per circa il 92%. Ribaltando il dato: c’è solo un 8% di energia prodotta da fonti rinnovabili utilizzata nel settore dei trasporti.

Lo stesso studio della GSE, che analizza gli anni che vanno dal 2005 al 2016, mostra però alcune interessati tendenze.
La prima è arcinota, ovvero: durante il periodo della crisi economica in Italia si è assistito, anche per il settore dei trasporti, ad una diminuzione dell’energia consumata e la contestuale diminuzione di utilizzo del petrolio, che poi è tornato a crescere dopo la crisi.
La seconda tendenza è quella riguardante i biocarburanti, ovvero i carburanti prodotti dalla miscelazione di combustibili fossili con materie prime bio, generalmente vegetali, solo raramente oli esausti e scarti industriali. Nel periodo in esame l’utilizzo dei biocarburanti nel settore dei trasporti è cresciuto di circa 4 volte.

 

Gli obiettivi UE

 

In uno scenario globale, ancora fortemente caratterizzato dall’utilizzo di fonti di energia fossile, gli organismi internazionali, in primis la UE, hanno cominciato a porsi degli obiettivi per favorire la transizione energetica verso fonti di energia pulita.
La commissione Europea ha previsto per il 2020 il 10% di energia prodotta da fonti rinnovabili per il settore dei trasporti. Mentre per il 2030 si prevede un 14%. Numeri che, ad oggi, pur non essendo ambiziosi, sembrano di difficile raggiungimento.  Infatti, leggendo ancor più in profondità i dati del GSE, si vede che il gas naturale vale un 2,8%, l’elettricità un 2,5%, mentre i biocarburanti un 2%. Dunque, mettendo insieme tutte le componenti arriviamo ad uno scarso 8%.

 

I biocarburanti

 

La situazione, per l’Italia non è del tutto negativa, anzi lo studio evidenzia un aumento considerevole, in termini percentuali, dell’utilizzo di biocarburanti.
Il  settore dei biocarburanti è in continua trasformazione, infatti siamo già alla seconda generazione di questi combustibili.
In generale, si definisce biocarburante un composto liquido frutto della miscelazione di combustibile fossile, in minima parte, e di componenti bio.
Dunque, la differenza sostanziale tra le varie categorie di biocarburanti risiede nella componente bio della miscela.
I Biocarburanti più diffusi sono quelli a base vegetale. Per produrli vengono utilizzati olio di Palma, colza, grano e mais. Questa tipologia è quella meno costosa, dal punto di vista economico, ma più costosa dal punto di vista ambientale.
Per questo motivo, la Commissione Europea con la direttiva ILUC, ha introdotto un nuovo discrimine per i biocarburanti: la sostenibilità.
È vero che tutti i biocarburanti riducono le emissioni, ma spesso la loro filiera produttiva produce più co2 di quanto poi ne risparmiano. È questo il caso, per esempio, dell’olio di palma. I due più grandi produttori Malesia e Indonesia, per piantare le palme radono al suolo intere foreste e con esse i loro ecosistemi, diventando insostenibili nel lungo periodo.
Sebbene, i biocarburanti ad olio di palma vengano ancora prodotti (in Italia rappresentano il 12% del totale), sono sempre di più i fondi che i governi mettono a disposizione in ricerca per i biocarburanti di seconda generazione.

L’Italia e i biocarburanti di seconda generazione

 

Sebbene l’Italia sia ancora un importatore netto di biocarburanti (importiamo prevalentemente da Spagna e Indonesia) negli ultimi anni i governi hanno disposto sempre più incentivi per raggiungere gli obiettivi europei.
Nel Febbraio 2019, Enea ha vinto un bando di 5 mlilioni per la ricerca in “chimica verde”, per finanziare un progetto di ricerca di 10 milioni nel centro TRISAIE in Basilicata.
Il progetto verte principalmente sullo studio di un processo di produzione di combustibile bio da biomasse, ovvero scarti di origine vegetale proveniente anche da lavorazioni industriali.
A regime il progetto pilota dovrebbe produrre 30 mila tonnellate all’anno di combustibile, pari a circa l’1% dell’obiettivo dell’UE.
Oltre a questo il governo ha deciso di potenziare la più grande bio-raffineria italiana, in provincia di Vercelli. Il progetto prevede di quintuplicare gli attuali volumi di produzione, pari a circa 40 mila tonnellate annue.
Ma la volontà dell’Italia di favorire la transizione energetica nel settore dei trasporti traspare anche dalle iniziative delle amministrazioni locali.
Infatti Taranto, grazie a un accordo siglato con Eni, tra il 1° marzo e il 30 agosto sostituirà, su alcuni bus, il gasolio con biocarburante prodotto da oli esausti.
Quest’iniziativa pilota, sarà presto replicata anche a Bari.
Insomma, la strada verso l’emancipazione dal petrolio e dal metano è ancora lunga, ma l’Italia sembra essersi avviata al meglio.

 

Pasquale Pagano

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