Anche i colossi hanno un’anima sostenibile: il caso di Vf Corporation

La moda è una industria da 2.5/3 miliardi di dollari all’anno, con una persona su sei al mondo impiegata nel settore: una buona notizia per l’economia e l’impiego per un settore trainante in molti paesi, Italia compresa.
Ma l’allarme scatta se si considerano gli impatti dell’industria sul pianeta e la situazione dei lavoratori. Quella della moda, è infatti una delle industrie più inquinanti al mondo, seconda solo a quella del petrolio e dei suoi derivati.
La seconda nella lista anche per consumo di acqua utilizzata per la produzione industriale. In quanto a emissione di gas ad effetto serra la moda non è seconda a nessuna e batte tutti i voli aerei combinati al traffico cargo via mare di tutto il mondo. Primato anche sull’inquinamento chimico: un quarto delle sostanze chimiche prodotte nel mondo sono usate per l’industria tessile. Questi sono i numeri che hanno portato la moda sotto la lente delle Nazioni Unite, in una conferenza a Ginevra a marzo del 2018, dove il settore è stato definito una minaccia per il raggiungimento degli Obiettivi di sostenibilità globali fissati per il 2030.

 

Ma intanto alcuni dei brand di abbigliamento più conosciuti a livello mondiale si sono dati un obiettivo: l’utilizzo nelle proprie fabbriche del 100% di energia proveniente da fonti rinnovabili entro il 2025. E’ la formula “firmata” Vf Corporation, gruppo cui fanno capo, tra gli altri, i marchi Wrangler, Vans, Timberland e Eastpak, entrato a far parte dell’American business act on climate pledge, nato durante l’amministrazione del presidente statunitense Barack Obama per lottare contro il cambiamento climatico.
Uffici, fabbriche, showroom e centri di distribuzione sono già dotati di materiali sostenibili e di provenienza locale, dai sensori di movimento alle luci led, e alimentati da energia verde: una scelta all’avanguardia per un gruppo da 11,8 miliardi di dollari di ricavi nel 2017. “Made for Change” il nome scelto per questo programma di sostenibilità che coinvolge, oltre ai già citati, brand come The North Face, Napapijri e Lee: tra il 2025 e il 2030 sarà dimezzato l’impatto della filiera sull’ambiente e migliorata la vita del milione di persone coinvolte nel business di Vf Corporation in tutto il mondo.

 

«Delle tre aree del programma – spiega Anna Maria Rugarli, responsabile Sostenibilità e Corporate Social Responsibility per Vf in Emea – la prima e oggi importante è quella che promuove l’economia circolare, dalla produzione alla vendita. Ci affacciamo alla fase più evoluta, che punta sul “circular design” formando i designer perché pensino dall’origine un prodotto che possa poi essere riutilizzato o riciclato a fine vita. Sul fronte della vendita, vogliamo spingere i consumatori a comprare prodotti più durevoli, inserendoli anche in un ciclo di riutilizzo con iniziative come il “re-commerce”, la vendita di prodotti poco usati, e il noleggio».

 

Vf Corporation ha anche firmato un accordo con la ong olandese Circle Economy per lo sviluppo di una piattaforma digitale che aiuti i brand del gruppo a orientare il proprio business secondo i principi dell’economia circolare. Infine, l’impegno sociale, con programmi di sostegno alle comunità locali di lavoratori, volontariato e progetti come “My Playgreen”, con cui Timberland sta sostenendo il recupero di aree verdi in cinque grandi città europee.
Napapijri, il brand “italiano” del gruppo (che lo ha rilevato nel 2004 dalla valdostana Green Sport Monte Bianco), sta puntando intensamente su questo aspetto, anche con la nuova tecnologia Ze-knit, che si ispira alla stampa 3d «e permette sia di ridurre del 30% gli scarti di taglio, sia di personalizzare i capi.

 

 

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