Come funziona il riciclo della plastica e come potrà migliorare in futuro

Il corretto riciclo della plastica e lo sviluppo di un’economia davvero circolare di questo materiale sono oggi dei temi cruciali nella sfida ambientale. Capiamo meglio come viene riciclata oggi e quali sono i limiti e le nuove frontiere di questo settore.

L’enorme problema dell’inquinamento provocato dalla plastica non è dovuto alla plastica in sé, ma alla cattiva gestione del suo smaltimento e alla conseguente dispersione di rifiuti nell’ambiente.

Secondo diversi studi e stime, infatti, soltanto il 10-15% delle materie plastiche generate nel mondo viene recuperato. Il resto viene incenerito, accumulato in discarica o, peggio, finisce nei corsi d’acqua, andando a inquinare i nostri oceani (che inghiottiscono dai 4 ai 12 milioni di tonnellate di plastica all’anno).

Ma, come detto, la plastica non è “cattiva” in sé. La sua introduzione, infatti, ha avuto un impatto positivo in svariati settori, semplificando, per esempio, la conservazione dei cibi; rendendo più accessibili ed economici molti servizi e prodotti; riducendo il peso degli imballaggi e, conseguentemente, anche le emissioni di CO2 dovute al trasporto della merce. Solo per citare un esempio si può dire che negli ultimi 20 anni l’uso della plastica nelle automobili è aumentato del 114% e che, senza questo materiale, le auto oggi peserebbero 200 kg in più. Con tutte le conseguenze del caso.

La riflessione necessaria sul tema, dunque, dovrebbe andare ben oltre l’introduzione di tasse o cieche crociate, concentrandosi soprattutto su un’ottimizzazione di tutto il life cycle della plastica, dalla produzione allo smaltimento.

Il classico modello di economia lineare (in cui le risorse vengono eliminate dopo il loro utilizzo) deve quindi essere necessariamente trasformato in modello di economia circolare (in cui tutto è riciclato e rimesso in circolo), coerentemente  con l’impegno chiesto dalle Nazioni Unite attraverso la sua Agenda 2030, ovvero i suoi 17 obiettivi per uno sviluppo sostenibile.

 

Cos’è e di cosa è fatta la plastica

Le materie prime utilizzate per produrre la plastica sono prodotti naturali come cellulosa, carbone, gas naturale, sale e petrolio greggio. Ma è importante dire che la produzione della plastica impiega solo il 4% -6% del consumo globale di combustibili fossili, non rappresentando dunque un enorme drenaggio di risorse.

Il termine “plastica” deriva dalla parola greca “plastikos”, che significa modellabile e si riferisce alla malleabilità di questo materiale. La plastica ha, infatti, il vantaggio di poter essere modellata molto facilmente durante il suo processo produttivo, venendo fusa, estrusa o stampata in una gran varietà di forme: dalle fibre ai tanti oggetti che utilizziamo tutti i giorni. Proprietà questa che ne ha decretato il successo negli anni, rendendola un materiale estremamente versatile e semplice da trattare.

Come viene riciclata la plastica

Esistono diversi procedimenti per il riciclo della plastica, che permettono di ottenere nuovi prodotti, ma anche energia, calore ed elettricità. Attraverso il riciclaggio meccanico, per esempio,  la plastica smaltita viene triturata e trasformata in nuovi prodotti.

La termovalorizzazione, invece, permette di ottenere un recupero energetico  attraverso specifici trattamenti di selezione e triturazione, ricavando dalla plastica dei combustibili alternativi, utilizzati poi per la produzione di energia termoelettrica o in altri processi industriali.

Un processo ancora in via di sviluppo è invece il riciclaggio chimico,  che prevede il ritorno alla materia prima di base, attraverso la trasformazione delle plastiche in monomeri della stessa qualità di quelli vergini.

A studiarlo sono stati anche i ricercatori della Chalmers University of Technology in Svezia, che sono riusciti a recuperare il 100% del carbonio dai rifiuti di plastica e a trasformarlo in componenti vergini, pubblicando i risultati del loro lavoro sulla rivista Sustainable Materials and Technologies.

 

Il riciclo chimico, cos’è e perché migliorerà il ciclo vita della plastica

Il riciclo chimico si sta rivelando un metodo particolarmente importante, perché in grado di sopperire ad alcuni limiti insiti nell’attuale modello di economia circolare della plastica, che esclude alcune tipologie e non può essere ripetuto all’infinito.

Nel tempo, infatti, i continui riciclaggi della materia rompono i componenti della catena polimerica, riducendo drasticamente la qualità della plastica stessa, fino a renderla inutilizzabile.

Il riciclo chimico, grazie all’utilizzo di tecnologie innovative, sarebbe invece in grado di trasformare la plastica finora non riciclabile, recuperandola anche se degradata, contaminata o complessa.

In pratica, tramite processi termochimici (in cui il vapore e il calore vengono introdotti per scomporre le molecole organiche nei loro componenti di idrocarburi) i rifiuti di plastica sono scomposti, fino a ottenere combustibili fossili come oli o gas, utilizzati come materie prime per l’industria chimica.

Questa, dunque, potrebbe diventare una soluzione complementare a quelle esistenti, per migliorare il ciclo di vita della plastica, come già accade per vetro e alluminio.

Certo è che, in ottica di economia circolare, tutte le opportunità offerte dalle nuove tecniche di riciclo della plastica, dovranno andare di pari passo con una costante spinta verso una riduzione del monouso e, soprattutto, con una progettazione a monte di materie plastiche adatte al riciclo e prive di sostanze tossiche.


Alice Zampa

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