Come i batteri salveranno il pianeta

Il riscaldamento globale è realtà e, ovunque, si stanno studiando soluzioni per mitigarne gli effetti o potercisi adattare. 

Dobbiamo trovare soluzioni efficaci per limitare il degrado del pianeta e, in particolare, alle drammatiche conseguenze del cambiamento climatico: dalla sparizione di fauna e flora, alle migrazioni delle popolazioni, alle alterazioni delle colture e dei paesaggi con relative conseguenze sull’uomo stesso e le sue attività.

Per porre rimedio a questa situazione esistono più vie percorribili: dall’utilizzo di energie rinnovabili, alla riduzione dei consumi, alle innovazioni tecnologiche.

Trovare una risposta comune al problema è la sfida della contemporaneità.

E se fossero gli esseri viventi più piccoli del globo a salvarci dalle catastrofiche conseguenze dell’Antropocene?

 

Visti gli sviluppi di alcuni studi pubblicati su giornali accademici, i batteri potrebbero davvero, in un futuro non troppo lontano, rappresentare la nostra salvezza.
I batteri sono microorganismi che vivono negli ambienti più disparati, se ne contano circa mille miliardi di specie differenti.

Esistono quelli che vivono all’interno del nostro intestino e formano il cosiddetto microbiota intestinale. Se li prendessimo tutti e li pesassimo, ci troveremmo con una massa di 1,2 kili.

Ma esistono anche batteri che vivono in ambienti di gran lunga più inospitali dell’intestino umano e da questi potrebbero arrivare delle importanti novità: i batteri che mangiano immondizia e producono elettricità.

Nell’agosto del 2018 un’equipe di studiosi della Washington State University, guidata dal professore Abdelrhman Mohamed, ha trovato un nuovo tipo di batterio in un acquitrino del parco di Yellowstone.

La scoperta è stata confermata a marzo 2019 e annunciata in un articolo apparso sulla rivista scientifica Journal of Power Sources, al quale hanno partecipato anche studiosi della Montana State University.

L’equipe ha immerso degli elettrodi all’interno di uno stagno alcalino creato da una sorgente di acqua caldissima, per individuare organismi in grado di trasferire elettroni agli elettrodi.
Quando il gruppo di ricercatori ha notato il passaggio di elettroni sugli elettrodi, ha capito che si trovava di fronte ad una nuova specie di batteri.

Come funzionano?

 

In questo particolare habitat i batteri si nutrono delle sostanze alcaline che li circondano. Durante il processo metabolico, i batteri “ingeriscono” i nutrienti e, come scarto, “scaricano” all’esterno elettroni. La scoperta, già di per sé importante, acquista valore per i potenziali usi di questi batteri. Infatti, i microrganismi, vivendo in condizioni difficilissime e nutrendosi di sostanze per noi tossiche, potrebbero essere utilizzati per “ingerire” rifiuti tossici e rilasciare elettroni, cioè produrre energia a bassa intensità. Purtroppo, però, al momento, sebbene siano all’opera gli ingegneri del MIT, è molto difficile ricreare in laboratorio le condizioni utili per produrre energia da questi batteri, in quanto il processo osservato si attiva solo nelle condizioni estreme dell’habitat nel quale i batteri sono stati scoperti. Per questo motivo, l’equipe della Washington State University è già a lavoro per escogitare dei metodi per risolvere il problema.

 

Batteri vs inquinamento da plastica

 

Un’altra importante scoperta rende l’idea di quanto duttili e utili alle nostre vite possano essere alcuni microorganismi. Nel 2016, un’equipe di studiosi (Kyoto Institute Technology) ha scoperto un batterio in grado di nutrirsi di plastica, la Pet (polietilene tereftalato). Il batterio in questione, grazie a due enzimi Petase e Methase, riesce a digerire la plastica e a scomporla negli elementi base: ossia l’acido tereftalico e il glicole di etilene.
A differenza dei batteri che producono energia elettrica, grazie alla ricostruzione della loro struttura in 3 d, un altro gruppo di scienziati è riuscito a sintetizzare gli enzimi, che adesso possono essere riprodotti artificialmente in laboratorio ed essere potenziati. Grazie a queste modifiche, in un futuro non molto lontano, questi batteri potranno essere utilizzati per decomporre oggetti di plastica e produrre gli elementi di base per riciclarla.

 

Altre applicazioni

 

Alcune aziende producono totem, posizionabili in spazi aperti e chiusi, che ripuliscono l’aria dalle polveri sottili, dalle PM 10 alle Pm 2.5. Questi totem funzionano con un sistema chiamato APA (Air Pollution Abatment), che non necessita di filtri.

Il totem aspira l’aria sporca dall’esterno e la immette all’interno di una miscela a base di acqua e batteri. Successivamente, viene avviata la centrifuga della miscela, e i batteri entrano in azione per isolare gli agenti inquinanti. Al termine del processo, gli agenti inquinanti vengono scomposti nei loro elementi di base, non nocivi e il totem rilascia all’esterno l’aria pulita. Insomma, all’interno dei totem l’aria sporca viene “lavata” dalla miscela di acqua e batteri e reimmessa pulita nell’ambiente. La soluzione è già stata sperimentata nell’aeroporto romano di Ciampino, dove si è osservata una sensibile riduzione dell’inquinamento dell’aria.

 

 

Pasquale Pagano

®Eco_Design WebMagazine

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