7 Novembre 2019 4 min di lettura
Sono leggerissimi, economici e a basso impatto ambientale. I moduli fotovoltaici a base di polimeri organici sono il futuro dell’energia solare. Ecco come funzionano e che ruolo sta giocando l’Italia in questa partita.
7 Novembre 2019 4 min di lettura
I più prestigiosi enti di ricerca sono concordi: il fotovoltaico organico (OPV, Organic Photovoltaic) è la nuova frontiera tecnologica su cui investire. Pur non avendo ancora raggiunto gli standard di efficienza necessari a competere con il fotovoltaico tradizionale, questi pannelli hanno, infatti, tutte le carte in regola per puntare in alto. A cominciare dall’abbattimento dei costi di produzione e dell’impatto ambientale, dalla flessibilità della loro struttura e dal risparmio di materiale che comportano.
Nei pannelli fotovoltaici organici i tradizionali semiconduttori inorganici (come il silicio) vengono rimpiazzati da pigmenti organici. Il funzionamento delle celle riproduce il processo di fotosintesi clorofilliana, sfruttando una stuttura a strati, al tempo stesso robusta e sottilissima (pari ad appena tre volte un capello umano).
Un tipico OPV prevede un substrato di vetro o plastica flessibile, una o più pellicole in materiale fotoattivo (composto da semiconduttori organici) e due elettrodi conduttivi, uno inferiore metallico e uno superiore trasparente per poter lasciare passare la luce del sole. Le pellicole fotoattive assorbono così la luce solare, generando corrente elettrica.
I semiconduttori utilizzati possono essere trattati come inchiostri colorati, e il loro processo di produzione avviene con tecniche di stampa molto economiche, simili a quelle su rotocalco, in uso per le riviste a colori.
Esistono al momento diversi tipi di celle OPV, tra cui anche delle forme ibride che uniscono organico, inorganico e biologico.
Come accennato, uno dei principali vantaggi del fotovoltaico organico è il risparmio di materiale, che può arrivare fino al 90% rispetto allo standard. Basti dire che per coprire una superficie pari a un campo da calcio di pannelli OPV serve un solo chilogrammo di semiconduttori organici (nella forma di inchiostri, pellicole, paste o soluzioni liquide). Di contro, con un chilo di silicio si producono poco più di due metri quadrati di pannelli solari tradizionali. Un dato che si traduce anche in una considerevole riduzione dell’impatto ambientale e inun abbattimento dei costi di produzione.
Un altro aspetto interessante, legato alla leggerezza e alla flessibilità di queste celle, è la facilità di trasporto in zone anche impervie, dove l’installazione di classici pannelli in silicio risulterebbe molto complicata.
Accanto ai numerosi vantaggi dell’OPV, esitono ancora problemi di resa e stabilità della tecnologia.
Su questo fronte si concentrano, infatti, gli studi di aziende ed enti, impegnati a trovare soluzioni che implementino le performances delle celle solari organiche, rendendole competitive. Anche l’Italia gioca un ruolo di primo piano su questo fronte, grazie al Centro Ricerche Eni per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara (uno dei più prestigiosi centri di ricerca industriale in Europa), impegnato dal 2007 a lavorare sul solare avanzato, in collaborazione con diverse accademie italiane ed estere, incluso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) statunitense.
In questi anni il progetto sul fotovoltaico organico avanzato (Advanced OPV), condotto nell’istituto piemontese ha portato alla realizzazione di innovativi moduli fotovoltaici organici, grazie anche alla collaborazione con il VTT Technical Research Centre of Finland, il CNR e numerose università italiane.
Queste ricerche hanno portato anche a importanti riconoscimenti internazionali, come il premio assegnato da MIT-Technology Review Italia e dalla Bologna Business School dell’Università di Bologna, alla ricercatrice del centro Eni Alessandra Cominetti. Insieme al suo team, la giovane ricercatrice ha perfezionato la tecnologia dei pannelli solari organici (Organic PhotoVoltaics OPV), applicandola a un sistema solare gonfiabile.
In pratica si tratta di un sistema fotovoltaico leggero, robusto e facilmente trasportabile che può essere utilizzato anche in luoghi dove i tradizionali pannelli solari al silicio non potrebbero mai arrivare a causa della loro pesantezza e della loro fragilità.
Una doppia idea vincente, che ha associato alla tecnologia OPV organica, anche un prototipo gonfiabile, di forma prismatica, necessario per trasportare, posizionare e orientare i pannelli stessi. Così da permettere ai moduli solari di essere persino paracadutati sulle acque di un lago o di essere ancorati al suolo inserendo sabbia o sassi in una apposito supporto alla base del kit.
Un traguardo tutto italiano, che fa ben sperare.
Alice Zampa
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