Giuseppe Botto, ecco come un’azienda tessile può essere sostenibile

L’azienda italiana di filati di lusso Botto Giuseppe alimenta un intero stabilimento solo con energie rinnovabili

BOTTO_GIUSEPPE

La sostenibilità ambientale nel campo della produzione e lavorazione dei filati è un risultato che si può raggiungere attraverso un dedalo di strade che, partendo da punti diversi, convergono verso lo stesso obiettivo.

Tutela degli animali che forniscono la materia prima, certificazioni dei processi di lavorazione, utilizzo di materiale rigenerato ed economia circolare a 360 gradi sono alcune delle vie percorse per ridurre impatto ambientale ed inquinamento nel settore lungo l’intero percorso della filiera tessile: dal filo al prodotto finito c’è poi tutto un altro labirinto virtuoso di pratiche positive per l’ambiente, senza dimenticare il fatto che proprio l’industria della moda è la più inquinante al mondo, seconda solo a quella del petrolio.

 

 

Sostanze chimiche, utilizzo di risorse naturali, acqua in primis, fino alle difficoltà di smaltimento sono dazi pesanti da pagare alla necessità e al desiderio di avere molti, spesso troppi, abiti a disposizione.

Non è quindi un caso che proprio a monte della filiera inizi l’impegno dei maggiori produttori italiani di filati per far partire la catena produttiva nel modo meno impattante possibile e con tutte le tappe tracciabili al 100%. C’è chi importa lana da Asia e Oceania solo da fattorie certificate che rinunciano al mulesing, una pratica chirurgica dolorosa per gli animali molto diffusa fino a pochi anni fa tra gli allevatori, soprattutto in Australia, per evitare pericolose infezioni a ridosso della coda.

Ma c’è anche chi utilizza solo energie rinnovabili per alimentare i propri stabilimenti. E’ questo il caso, ancora abbastanza raro in Italia, di Botto Giuseppe, azienda biellese che ha a Tarcento, in Friuli, uno stabilimento interamente alimentato da energia rinnovabile: l’energia idroelettrica prodotta dalla diga produce circa  8.000.000 kWh, con un risparmio annuo di 3.3376 tonnellate di CO2, mentre i pannelli fotovoltaici sul tetto portano 1.000.000 di kWh, ovvero circa 420 tonnellate all’anno di CO2 in meno.

Pannelli solari sul tetto dello stabilimento Botto Giuseppe a Tarcento, in Friuli

 

 

Anche nella sede principale di Valle Mosso, nel biellese, è iniziato un processo simile: l’azienda fa sapere infatti che le procedure recentemente adottate hanno permesso di risparmiare circa 2.000.000 di kWh/anno, pari a circa 885 t/anno di CO2, e circa 300.000 mc di metano/anno, pari a circa 600 t/anno di CO2, e che nel 2012 è stata installata una microturbina da 22 kWh che produce circa 90.000 kWh/anno in stabilimento, con un risparmio di CO2 di circa 38 t/anno.

Inoltre, è stato raggiunto il 21% circa di riduzione delle emissioni, in linea con le attuali direttive europee, e con l’acquisto a breve di nuove macchine ed impianti si arriverà a consumi specifici inferiori del 30%.

 

Una fase della lavorazione del filato nello stabilimento Botto Giuseppe

Una fase della lavorazione del filato nello stabilimento Botto Giuseppe

 

L’azienda lavora con molti marchi della moda e del lusso italiani e stranieri, perché la sostenibilità sta diventando una priorità per tutti. Sia come parte della corporate social responsibility, sia perché i consumatori finali e soprattutto i Millennials (i nati dopo il 1980, ai quali già oggi si attribuisce un terzo dei consumi di lusso) sono sempre più attenti a questi aspetti quando fanno acquisti.

 

®Eco_Design WebMagazine

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