Itaca, nell’isola greca i sommozzatori hanno recuperato 25 tonnellate di rifiuti. Il video

Nei fondali è stato ritrovato di tutto, dalla plastica alle reti per la pesca

A 25-30 metri di profondità per raccogliere i rifiuti dai fondali dell’isola di Itaca. Le immagini che mostrano la quantità incredibile di plastica e reti che è stata ritrovata.

“Ci troviamo di fronte a uno scenario incredibile, una bomba ecologica. Sapevamo di trovare reti fantasma, ovvero le reti dei pescatori abbandonate o perse, dannose per la vita animale sottomarina. Ma qui abbiamo trovato una vera e propria azienda fantasma: tutte le strutture dell’itticoltura sono state abbandonate“. Così racconta Veronica Mikos, direttrice della Ong Healthy seas impegnata, insieme all’Ong Ghost diving nelle operazione dei fondali dell’isola.

“La vera sfida è la quantità e il peso delle reti da pesca. Operiamo a una profondità di 20, 30, 35 metri. Profondità che di per sé non è pericolosa ma si tratta di un importante lavoro di squadra proprio per la mole di roba  da portare in superfice. Bisogna fare in modo che non si sfaldi e ricada nuovamente sotto“, spiega Pascal Van Erp, fondatore di Ghost diving.

Per il secondo anno consecutivo i volontari delle due Ong si sono tuffati a 25-30 metri di profondità per raccogliere i rifiuti. Il video mostra i sub alle prese con reti da pesca lasciate da due aziende di allevamento ittico ormai chiuse da una decina di anni. Nessuno si è preoccupato  di recuperare i resti per anni, né a livello locale né a livello nazionale.

L’anno scorso sono state raccolte 76 tonnellate di rifiuti marini sono stati raccolti dai fondali di Itaca. L’obiettivo di quest’anno non è solo pulire il mare ma educare i pescatori, turisti e locali a ridurre l’impatto sul mare. La plastica con il tempo si riduce in minuscoli pezzi e finisce per avvelenare i pesci.

“I turisti vedono solo una faccia della realtà, ovvero la parte più bella ed acque cristalline ma il fondale marino è una discarica. Però stiamo diventando con il tempo più sensibili più attenti a questi problemi. Ci vuole un po’ di tempo ma il cambiamento sta arrivando”, spiegano le Ong.

Dalle reti e dai rifiuti pescati sott’acqua, inizia un percorso di riciclaggio che trasformerà questa plastica in un nuovo nylon che verrà poi usato nei più svariati campi.

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