La guerra alla carne rossa. Tassare Non Docet

Una recente ricerca dell’Università di Oxford pubblicata sulla rivista “Plos One”, sostiene, con riferimento alla Gran Bretagna, la necessità di promuovere la tassazione della carne rossa, al fine di compensare il costo sociale derivante dalla cura delle patologie provocate dal suo consumo.

È bene precisare, in prima battuta, che lo studio in questione presenta numerose criticità, poiché desume la nocività tout court della carne rossa dalla considerazione delle patologie cardio-vascolari derivanti, in realtà, dall’eccessivo consumo di tale alimento. A fondamento di questa argomentazione si pone l’assunto secondo cui il consumo eccessivo di carne rossa cagioni gravi malattie, tra le quali cancro, disturbi cardiaci e diabete. Si tratta, argomenta lo studio, di patologie la cui cura rappresenta un ingente costo sociale.

Favorire un’adeguata informazione dei consumatori per riportare entro limiti accettabili un consumo di carne rossa (per l’appunto eccessivo), non sembra sufficiente a coloro che vorrebbero introdurre un’apposita tassa: secondo loro, non solo garantirebbe la riduzione del consumo di siffatto alimento, ma coprirebbe parte dei costi pubblici indotti da queste sregolatezze.

Carni rosse: i numeri

Secondo la ricerca, le malattie legate al consumo di carni rosse hanno nel mondo un costo annuale di 285 miliardi di dollari. Ne deriverebbe la possibilità di introdurre un’imposta del 20% sulle carni non lavorate (si pensi alle bistecche), ed una tassazione del 110% su quelle lavorate (tra cui, per esempio, gli insaccati, le salsicce e la pancetta).

I ricavi economici

 

Secondo l’Università di Oxford, tale misura avrebbe un impatto economico di assoluto rilievo giacché consentirebbe di raccogliere annualmente 170 miliardi di dollari, realizzando un risparmio sui costi medici pari a 41 miliardi. In altri termini, argomentano gli studiosi – tutti vegetariani? –  sarebbe possibile compensare il 70% dei costi sanitari dovuti al consumo di carni rosse, con un calo di 220 mila decessi all’anno entro il 2020. Più precisamente: in presenza di condizioni di tassazione ottimale, si registrerebbe un incremento medio del prezzo delle carni lavorate pari al 25%. Nei paesi a basso reddito, infatti, vi sarebbe una maggiorazione dell’1%, mentre i paesi ad alto reddito subirebbero un rincaro superiore al 100%. Lo studio, d’altra parte, tralascia ogni riferimento all’impatto che una tale misura sortirebbe sul mondo del lavoro e dell’economia in genere. Aspetto fondamentale ai fini della considerazione delle conseguenze derivanti da una tale iniziativa.

 

I vantaggi ambientali

 

La misura avrebbe, in più, importanti conseguenze ed effetti climatici, in quanto promuoverebbe la riduzione delle emissioni di gas serra. I processi di produzione della carne, asseriscono gli studiosi, sono responsabili di gran parte delle emissioni dei gas serra legati all’alimentazione. Di conseguenza, la riduzione del consumo di carne rossa, specie se lavorata, rappresenterebbe un’importante iniziativa con la quale ostacolare i cambiamenti climatici, obiettivo conseguibile attraverso una tassazione ottimale: gli studiosi stimano una riduzione delle emissioni riguardanti il cibo di 109 MtCO2-eq, la gran parte delle quali riconducibili al ridimensionamento del consumo di carne bovina. Un’obiezione addotta a tale argomentazione è rappresentata dalla tesi secondo cui, in realtà, solamente gli allevamenti intensivi darebbero luogo ad implicazioni ambientali gravose. Alla luce di ciò, l’ambito di applicazione della misura risulterebbe notevolmente ridimensionato.

 Le posizioni

 

Nel 2015 lo IARC (agenzia per la ricerca sul cancro facente parte dell’Organizzazione mondiale della sanità) ha dichiarato la nocività della carne rossa lavorata, mentre le carni rosse non lavorate presentano un elevato potenziale cancerogeno. Ciononostante, la pubblicazione completa dello studio, avvenuta nel 2018, ha ridimensionato fortemente la portata di tali affermazioni: infatti,  lo IARC ha espresso il proprio parere facendo riferimento a circa 14 studi epidemiologici, sui circa 800 presi in esame. La gran parte, dunque, è stata giudicata poco attendibile. Dei 14 studi presi in considerazione, solo 7 evidenziavano una correlazione tra l’eccessivo consumo di carne rossa ed il tumore al colon retto; i rimanenti 7 studi, invece, non indicavano alcun effetto. In più, nel settembre 2018, l’assemblea delle Nazioni Unite ha promosso l’approvazione di un documento ove si afferma l’inesistenza di “cibi sani o insalubri”, bensì “diete sane o insalubri“. Se ne inferisce una possibilità interessante ed alternativa alla soluzione proposta dallo studio dell’Università di Oxford: l’opportunità di traslitterare i termini della discussione dall’abolizione della carne rossa alla necessità, piuttosto, di promuovere la sensibilizzazione rispetto a diete alimentare variegata ed, al contempo, equilibrata. Di contro, a novembre, sette paesi (tra cui la Francia) hanno avanzato un progetto d risoluzione ONU che “esorta gli Stati Membri a adottare politiche fiscali incentivanti” verso “cibi e bevande salubri”.

In ultima istanza, secondo il gruppo di ricerca che ha condotto lo studio, la tassazione della carne bovina permetterebbe, nel solo Regno Unito, di conseguire due fondamentali obiettivi: l’ingente ridimensionamento delle morti annuali (si calcola una diminuzione di 6.000 morti annuali) e l’ottenimento di importanti risultati economici, con un risparmio dei costi sanitari superiore ai 700 milioni di sterline (903 milioni US dollari).

In virtù di tali ragioni il dott. Marco Springmann, membro del dell’Oxford Martin Programm sul futuro dell’alimentazione, ha affermato: “Il consumo di carne rossa e lavorata supera i livelli raccomandati nella maggior parte dei paesi ad alto e medio reddito. Ciò sta avendo un impatto significativo non solo sulla salute personale, ma anche sui sistemi sanitari, finanziati dai contribuenti in molti paesi, e sull’economia che sta perdendo parte della sua forza lavoro a causa di problemi di salute e delle cure dei familiari che si ammalano”.

E continua: “Spero che i governi prendano seriamente in considerazione la proposta di introdurre una tassa sulla carne rossa e trasformata come parte di una serie di misure per rendere il processo decisionale dei consumatori più facile, sano e sostenibile”.

Ci interroghiamo tuttavia: come mai un professore non valuta in primis la possibilità di educare a diete equilibrate, che privilegino un’alimentazione sana per tutti

 

Antonio Coco

®Eco_Design WebMagazine

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