Rifiuti, nell’isola di plastica più grande del mondo reti da pesca e corde. Chi sono i responsabili?

Il risultato di uno studio su 6.000 oggetti recuperati (uno risaliva al 1966)

Chi sono i principali paesi responsabili dei rifiuti accumulati nella Great Pacific Garbage Patch? Lo studio. 

Giappone, Cina, Corea del Sud e Stati Uniti d’America sono i quattro Paesi maggiormente responsabili del “Pacific Trash Vortex”, ovvero l’isola di plastica più grande del pianeta Terra.  A scoprirlo è stato uno studio dell’Organizzazione non governativa “The Ocean CleanUp“, in collaborazione con gli scienziati dell’Università di Wageningen, nei Paesi Bassi. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista “Scientific Reports“.

Lo studio dimostra che il 90% dei rifiuti della Great Pacific Garbage Patch proviene proprio  dalle principali nazioni industrializzate che si dedicano alla pesca. Una grande parte dei rifiuti, infatti, è composta da reti da pesca e corde, mentre il resto è per lo più composto da oggetti e frammenti di plastica dura. Uno degli oltre 6.000 oggetti recuperati a partire dal 2019 risale addirittura al 1966.

I ricercatori hanno utilizzato i risultati di una campagna di raccolta di rifiuti avvenuta nel 2019 da parte del progetto olandese The Ocean Cleanup. Nello studio i ricercatori hanno cercato di identificarne la provenienza dei vari oggetti grazie ai loghi o alle parole impresse nei rifiuti di plastica.

Cosa è la Great Pacific Garbage Patch?

Si trova tra la California e le Hawaii, contiene 80mila tonnellate di plastica, è grande tre volte la Francia e 16 volte più alta rispetto a quanto si stimasse (dati di Scientific Reports): è la Great Pacific Garbage Patch, la grande isola di plastica nell’Oceano Pacifico

La “Great Pacific Garbage Patch” (GPGP), o anche “trash vortex“,  è formata da rifiuti di grossi dimensioni destinati a diventare microplastiche: “La maggior parte dei detriti sono di grandi dimensioni. Si tratta di una bomba ad orologeria perché tutti questi grandi oggetti si trasformeranno in microdetriti nelle prossime decadi se non agiamo ora” afferma Boyan Slat, il fondatore di Ocean Cleanup.

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