Se la moda sostenibile diventa un museo e ci fa riflettere

Ad Amsterdam ha aperto i battenti Fashion for Good, il primo museo al mondo che ci fa pensare sui vestiti che indossiamo

Non è un museo tradizionale, inteso come esposizione permanente di oggetti e opera d’arte. È esperienza da vivere in prima persona perché fa riflettere sui propri gesti quotidiani, sulle proprie azioni per limitare i danni del fashion system, la seconda industria più inquinante al mondo.
Si chiama Fashion for Good il primo museo della moda sostenibile che ha inaugurato agli inizi di ottobre ad Amsterdam. Qui i visitatori possono compiere 33 azioni diverse racchiuse in cinque step (considera, scegli, usa, riutilizza, agisci) e custodirle virtualmente in un bracciale di plastica riciclata che ricevono all’ingresso.

Gli esterni del museo dedicato alla moda sostenibile ad Amsterdam

 

Il visitatore indossa il braccialetto e s’immerge nell’esperienza museale interattiva mentre sugli schermi scorrono i dati sull’inquinamento prodotto dalla moda, sulle nuove tendenze e sulle novità nel mondo dell’economia circolare. Alla fine del tour museale, i visitatori possono rivedere le azioni che hanno scansionato per creare un vero e proprio ‘piano di abbigliamento sostenibile’: un piano d’azione digitale personalizzato da portare sempre con sè. Ad esempio, si può decidere di non comprare abiti per periodi più lunghi scegliendo magari di riutilizzarli o barattarli, dare in prestito per un mese il proprio guardaroba oppure lavare i panni a 30 gradi anziché 40. Ognuna di queste 33 azioni sperimentate lungo il percorso museale, se entrasse nel nostro vissuto quotidiano, farebbe davvero la differenza visto che a livello mondiale solo l’1% degli abiti viene riciclato. Progettato dallo studio di design americano Local Projects, che ha firnato altri famosi musei interattivi come il Museo dell’11 settembre e il Cooper-Hewitt Smithsonian Design Museum a New York, Fashion for Good insegna a vestirci nel rispetto dell’ambiente, svelando le storie che si celano dietro i loro vestiti.
Il museo diventa così un modo per coinvolgere il consumatore toccandolo al cuore e sollecitarlo a un maggiore impegno sul fronte della sostenibilità.

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Un’installazione nelle sale del museo

 

In Fashion for Good tutto ruota intorno alla filosofia del recupero e del riciclo: nello spazio principale, i visitatori possono vedere e toccare con mano capi sostenibili realizzati da brand come Ecoalf, Adidas per Parley, Kings of Indigo oppure firmati dalla designer Stella McCartney, ambasciatrice ufficiale del museo insieme a Lily Cole e Arizona Muse. Varcando la soglia ci s’imbatte in un’installazione che invita all’azione diretta, composta di nylon rigenerato Econyl® dell’italiano Aquafil, realizzato con rifiuti di nylon ricavati dalle discariche e dagli oceani.
Era il 2013 quando Greenpeace lanciava la campagna Detox per eliminare una lunga lista di sostanze tossiche impiegate dall’industria della moda: al protocollo aderirono il distretto tessile di Prato insieme a grandi brand come Benetton, Zara, H&M, Nike, Puma, Mango, Levi’s, Adidas. Ormai La moda sostenibile sta diventando un imperativo per tante aziende del settore dell’abbigliamento, una sfida che cambiando l’approccio e le scelte dei consumatori.

 

®Eco_Design WebMagazine

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