Da gennaio in Italia stop a plastica monouso. Ma la Commissione UE boccia il decreto

Prodotti vietati e multe per trasgressori delle regole: ma non è sufficiente

Addio ai prodotti in plastica monouso. Dal 14 gennaio la legge europea, approvata nell’aprile dello scorso anno, è entrata in vigore in Italia. Ma secondo la Commissione europea “non è in linea con le disposizioni e gli obiettivi della direttiva”. 

Dallo scorso 14 gennaio è entrato in vigore in Italia il divieto all’uso di plastica monouso, secondo  la direttiva europea 2019/904, conosciuta come SUP (Single Use Plastic). Ma la Commissione europea ha boccia il nostro decreto evidenziando che non è in linea con le disposizioni e gli obiettivi della direttiva e che prevede troppe deroghe.  L’Italia adesso va incontro ad una procedura di infrazione, l’ennesima.

Il testo approvato dal governo a novembre scorso, secondo quanto ha scritto la Commissione in tre pagine di ‘parere circostanziato’ inviate al ministero dello Sviluppo economico poco prima di Natale, non è “in linea con le disposizioni e gli obiettivi della direttiva”, anzi arriva a violarla  perché esclude una serie di prodotti dai divieti imposti nella Sup.

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Cosa prevede il decreto appena entrato in vigore

Piatti, posate, bicchieri, cotton fioc, cannucce e anche palloncini in plastica, oltre ai sacchetti per fare la spesa,  contenitori per cibi e bevande, coperchi, tappi, non saranno più venduti. Chi non segue le regole la sanzione amministrativa può andare da un minimo di 2.500 euro a un massimo di 25mila euro.

Ci sarà la possibilità di esaurire le scorte sia in casa che nei magazzini di negozi e aziende. Ma potranno continuare ad essere venduti altri prodotti come i bicchieri plastica e quelli biodegradabili e compostabili con percentuali di materia prima rinnovabile uguali o superiori al 40% e, dal 1° gennaio 2024, superiori almeno al 60%.

Obiettivo principale della direttiva antiplastica Sup, Single Use Plastic, è quello di mettere un freno all’inquinamento dovuto alla plastica.

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Il decreto approvato non soddisfa l’Ue per una serie di motivi, elencati dalla Commissione europea in un parere circostanziato inviate al ministero dello Sviluppo economico

Il primo problema sottolineato  è quello riscontrato nell’articolo 3 dello schema di decreto legislativo, nel quale si definisce come ‘plastica’ il materiale “costituito da un polimero, cui possono essere stati aggiunti additivi o altre sostanze e che può funzionare come componente strutturale principale dei prodotti finiti, a eccezione dei polimeri naturali, che non sono stati modificati chimicamente”. Sono esclusi dalla definizione vernici, inchiostri, adesivi “nonché rivestimenti in plastica con un peso inferiore al 10% rispetto al peso totale del prodotto, che non costituiscono componente strutturale principale dei prodotti finiti”. Ed è questa una prima differenza con la direttiva Sup e con le relative definizioni di ‘plastica’ e di ‘prodotto di plastica monouso’.

L’Unione europea non prevede alcuna soglia per la quantità di plastica da includere nel prodotto affinché possa essere considerato un prodotto di plastica monouso. Quindi non salva i rivestimenti in plastica, come invece fa l’Italia. La commissione ritiene che l’articolo 3 del decreto violi l’articolo 2 della direttiva Sup e che ciò possa incidere sul mercato interno, “escludendo dal campo di applicazione delle norme determinati prodotti che sarebbero inclusi in tale ambito senza la soglia quantitativa”.

Greenpeace aveva messo già in guardia l’Italia lanciando un appello: “Le legge di delegazione europea approvata dal parlamento nei mesi scorsi viola le basi stesse della direttiva. Quest’ultima promuove infatti le plastiche biodegradabili e compostabili come sostituti della plastica tradizionale, mentre la norma comunitaria, basandosi sui dati scientifici disponibili, ne vieta espressamente l’impiego per frenare gli impatti ambientali dell’usa e getta. Insomma l’Italia sembra preferire di gran lunga una finta transizione ecologica. Se vogliamo andare oltre la plastica e la cultura del monouso, dobbiamo evitare la semplice sostituzione dei materiali e promuovere soluzioni basate sul riutilizzo, obiettivo principale della direttiva europea che il nostro Paese sta volutamente ignorando”.

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 “Una norma azzoppata perché mancano decreti attuativi e anche le ordinanze virtuose di molti comuni rischiano di essere annullate dai Tar” , aveva anche denunciato Alfonso Pecoraro Scanio, promotore della campagna Mediterraneo da remare #PlasticFree e già ministro dell’Ambiente,  lanciando un appello a Draghi: ”Occorre obbligare i ministeri inadempienti ad agire subito e chiedere a tutte le istituzioni, le imprese e i cittadini di seguire le nuove normative. Rinvii e deroghe stanno azzoppando la strategia europea. Occorre una forte spinta dal governo e anche un’azione di comunicazione ed educazione civica“.

Ora c’è tempo fino al 23 marzo 2022 per cambiare le cose: se il governo non tiene conto delle obiezioni di Bruxelles, l’Italia rischia una procedura di infrazione.

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