Dal lago di Potpecko in Serbia allo stretto di Messina: ecco come laghi e mari sono diventati discariche di rifiuti

I peggiori disastri ambientali del nostro tempo

Nel lago di Potpecko ogni anno finiscono 45.000 tonnellate di rifiuti, l’ecosistema del fiume Drina sembrerebbe già compromesso e lo Stretto di Messina e tra le più grandi discariche sottomarine al mondo. Questi sono alcuni dei peggiori disastri ambientali causati dall’uomo. 

Stiamo assistendo ad un incontrollabile accumulo di rifiuti nei luoghi un tempo incontaminati della nostra Terra. Fiumi, mari, laghi dove oramai sembra esserci più plastica, in particolare, che acqua. L’uomo è responsabile dei principali disastri ambientali del nostro tempo, una situazione di estrema gravità che rischia di compromettere per sempre l’ecosistema e la fauna marina.

Ecco solo alcuni dei mari, laghi e fiumi che si sono trasformati in vere e proprie discariche.

Lago di Potpecko, Serbia

Nell’aria del lago di Potpecko ogni anno finiscono 45.000 tonnellate di rifiuti, dalla plastica agli scarti di metallo arrugginito, tronchi d’albero e persino una bara, ai piedi della centrale elettrica dal fiume che alimenta la diga. Il responsabile dell’impianto spiega che quest’area copre cinque comuni tra Serbia e Montenegro. Un vero e proprio oceano di plastica, accumulata nel corso degli anni, che occupa una superficie di circa 20.000 metri cubi.  L’allarme lanciato dagli ambientalisti riguarda le sostanze tossiche che si stanno disperdendo nel lago, che andranno a finire nei fiumi e metteranno in serio pericolo la fauna selvatica e l’ambiente naturale.

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Mentre le nazioni balcaniche cercano ancora di riprendersi dalle guerre degli anni ’90, le questioni ambientali sono spesso trascurate. Jugoslav Jovanovic, della società statale serba Srbijavode che gestisce il sistema idrico del paese, attribuisce il problema dei rifiuti alla “nostra negligenza e mancanza di cure“.

Fiume Drina, Bosnia

Il fiume Drina nella Penisola balcanica, una volta paradiso del rafting, con  le sue acque cristalline e paesaggi mozzafiato, oggi sembra piuttosto una discarica da cui ogni anno vengono estratti dai 6.000 agli 8.000 metri cubi di rifiuti. A gennaio un incidente indesiderato ha peggiorato una situazione già altamente compromessa.

Una barriera costruita per proteggere il corso d’acqua dai detriti che le discariche illegali accumulano si è rotta, permettendo a circa 4mila metri cubi di immondizia di invadere quello che era uno dei primi cinque fiumi della Bosnia ed Erzegovina. La spazzatura si è spinta fino alla diga della centrale idroelettrica situata nei pressi della città di Visegrad, mettendone a rischio l’attività.

Nonostante le barriere contribuiscano ad impedire la dispersione dei rifiuti, ogni anno, infatti, se ne raccoglie una quantità enorme.  Quella della pessima gestione dei detriti è un’emergenza ambientale e sociale che ha forti ripercussioni anche sulla biodiversità locale. A risentirne sono soprattutto gli uccelli acquatici e i pesci come il salmone del Danubio, specie in pericolo di estinzione, che vivono nell’ecosistema compromesso della Drina

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Fiume Niger

È uno dei fiumi più lunghi al mondo, il più importante dell’Africa occidentale. A partire dagli anni ’50 isono stati scoperti in questa area importanti giacimenti di petrolio. La Nigeria oggi è infatti tra i più importanti produttori di oro nero (l’80% del suo Pil deriva dall’estrazione del greggio), e la sua economia è fortemente dipendente da questo settore: gran parte dei giacimenti sono proprio all’interno della regione del delta del Niger.

Secondo un rapporto dell’Unep, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di ambiente, i nigeriani residenti nell’area del delta del Niger bevano acqua contaminata da benzene e molti pozzi siano inquinati.  Tra le conseguenze più gravi ci sono malattie alla pelle, leucemie e tumori.

Nelle scorse settimane una sentenza emessa dalla Corte d’Appello dell’Aja, in Olanda, ha ritenuto la casa madre Shell responsabile dell’inquinamento da idrocarburi causati dalla sussidiaria Shell Nigeria. Tre agricoltori del Delta del Niger otterranno il risarcimento dalla compagnia petrolifera per i danni subiti dai continui sversamenti di petrolio che hanno reso sterili i loro terreni e avvelenato le vasche per gli allevamenti del pesce. Inoltre, Shell dovrà garantire un sistema di vigilanza degli impianti per evitare che gli episodi di inquinamento si ripetano.

Una sentenza storica: per la prima volta che un tribunale ritiene una multinazionale responsabile di obbligo di vigilanza  all’estero. 

Stretto di Messina 

Secondo uno studio scientifico pubblicato sulla rivista Environmental Research Lettersda, un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall’Università di Barcellona, la densità di spazzatura in alcuni punti dello Stretto di Messina supera il milione per chilometro quadrato.

Un altro dato allarmante emerge da questa ricerca: entro i prossimi 30 anni il volume dei rifiuti marini potrà superare i tre miliardi di tonnellate.

Miquel Canals dell’Università di Barcellona spiega che: “Nonostante gli sforzi profusi dalla comunità scientifica, la diffusione dei rifiuti nei nostri mari e oceani non è ancora pienamente conosciuta”.  I ricercatori hanno notato che tra i materiali più abbondanti ci sono plastiche, metalli, vetro, ceramica, attrezzature da pesca, tessuti e carta. 

Le regioni marine più colpite sono quelle circondate da terre o semi chiuse, i fondali vicino la costa, le aree prossime allo sbocco di grandi fiumi e quelle dove c’è un’intensa attività di pesca, anche lontane dalla terra. – affermano i ricercatori – Nel Mediterraneo la spazzatura sui fondali è già un serio problema ecologico. In alcuni luoghi della costa catalana ci sono grandi accumuli. Quando ci sono forti tempeste, come la tempesta Gloria del gennaio 2020, le onde riportano i rifiuti sulla spiaggia.

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